20 isole minori laboratorio per le rinnovabili: il contributo RSE

Via libera al percorso per rendere le fonti rinnovabili l’asse principale del sistema energetico di 20 isole italiane minori non interconnesse alla rete elettrica nazionale. Il decreto del ministero dello Sviluppo economico, operativo dal maggio scorso, definisce il fabbisogno energetico delle isole da coprire attraverso la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili, gli obiettivi temporali e le modalità di sostegno degli investimenti necessari alla realizzazione. All’estero esistono già esperienze significative – ad esempio, le Baleari e le Canarie – ma risultano di difficile applicazione in Italia per le dimensioni limitate dei sistemi antropici presenti sulle nostre isole.

Adesso l’approvvigionamento di energia delle nostre isole minori avviene usualmente via nave, con possibili interruzioni nei periodi di maltempo; la produzione elettrica è assicurata normalmente da un unico produttore con impianti a fonti convenzionali, prevalentemente diesel; risulta ampia la variabilità stagionale e giornaliera dei carichi a causa della fluttuazione delle presenze stagionali; la distribuzione avviene attraverso reti a media e bassa tensione. Tutte le isole sono sottoposte a stringenti vincoli ambientali e paesaggistici. L’elenco comprende Capraia, Giglio, Ponza, Ventotene, Tremiti, Favignana, Levanzo, Marettimo, Pantelleria, Ustica, Alicudi, Filicudi, Lipari, Panarea, Salina, Stromboli, Vulcano, Lampedusa, Linosa e Capri.

Per ciascuna delle isole indicate sono stabiliti gli obiettivi minimi di sviluppo dell’utilizzo delle fonti rinnovabili da raggiungere al 31 dicembre 2020, sia sul fronte termico (solare termico, solar cooling e pompe di calore) che su quello elettrico. Ad esempio, per l’isola siciliana di Pantelleria è stato fissato un obiettivo di potenza affidata a FER elettriche di 2.720 kW e una per le FER termiche di 3.130 kW.  A ciò si aggiungono particolari “Progetti integrati innovativi” che possono includere anche impianti eolici offshore o alimentati dal moto marino.

Tenendo presente che l’esercizio del sistema elettrico di un’isola non interconnessa pone varie problematiche, con conseguente aumento dei costi di gestione, il Mise ha ritenuto opportuno  concentrarsi su specifici studi, direttamente calati sulla realtà nazionale, affidando a RSE un approfondimento della situazione energetica e lo studio di possibili scenari di incremento della componente rinnovabile.

Sono stati selezionali cinque casi studio rappresentativi dell’intero perimetro d’indagine e partendo da dati di dettaglio di produzione, carico e consumo, si è proceduto a individuare il mix di fonti energetiche rinnovabili in grado di contribuire con una quota apprezzabile alla domanda energetica, valutandone la sostenibilità economica, il risparmio in energia primaria fossile e le emissioni di CO2 evitate.

Abbiamo rivolto alcune domande alla dottoressa Elisabetta Garofalo, del Dipartimento Sviluppo Sostenibile e Fonti Energetiche di RSE che ha contribuito al rapporto Sviluppo delle Fonti Energetiche Rinnovabili nelle Isole minori non interconnesse, 2014.

Come Rse avete condotto uno studio finalizzato alla valutazione dell’effettivo potenziale di sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili nel contesto locale delle venti isole minori non interconnesse e di riduzione dei consumi attraverso interventi di efficienza energetica. Da dove siete partiti?

Siamo partiti da un’analisi conoscitiva della situazione energetica delle isole, coordinata dal Mise e basata su dati e informazioni ottenute grazie alla collaborazione delle diverse Imprese Elettriche Minori, operanti in dodici isole, e di Enel, presente nelle restanti otto. Nell’analisi si è preso in considerazione sia il sistema di generazione esistente (tipo di generatori e potenza installata, profili giornalieri e mensili di produzione, entità dei consumi per tipologia di utenza), sia gli aspetti territoriali (quali la disponibilità di risorse rinnovabili endogene) e autorizzativi. Dai risultati dell’analisi abbiamo potuto selezionare le cinque isole campione per valutare i livelli di penetrazione della produzione dafonti energetiche rinnovabili conseguibili tenendo conto delle caratteristiche territoriali ed energetiche delle diverse isole.

Quali sono le isole dove funziona meglio il mix di generazione eolico-FV? E dove invece i vantaggi sono limitati?
La valutazione del mix energetico è stata fatta ponendo come obiettivo la massimizzazione della produzione rinnovabile e la minimizzazione del costo medio dell’energia (LCOE). I risultati evidenziano come, a parità di costi, il ricorso a un mix di fonti rinnovabili consenta di coprire una quota maggiore della domanda energeticagrazie alla complementarietà,soprattutto stagionale,della fonte eolica e della fonte solare, che garantisceuna maggiore continuità nella produzione di elettricità da FER. Tuttavia, nelle isole a minore ventositàe con consumi invernali particolarmente contenuti, la producibilità degli aerogeneratori risulta troppo bassa perché vi sia un vantaggio economico, in termini di LCOE, o di continuità della produzione. In queste isole il fotovoltaico rimane comunque un’opzione estremamente valida.

La vostra pubblicazione del 2014 indica che l’utilizzo dei sistemi di accumulo elettrico comporta costi tali da renderlo conveniente solo nelle isole con una variabilità stagionale dei consumi relativamente contenuta. Tuttavia la ricerca sugli accumuli sta facendo importanti progressi. L’amministratore delegato dell’Enel Francesco Starace considera i sistemi di storage la nuova frontiera dell’elettrico. Pensa che possano rappresentare un’opportunità per le isole minori non interconnesse?

Certamente. Dal punto di vista energetico, l’accumulo consente, a parità delle altre considerazioni tecniche, un ulteriore incremento della penetrazione delle FER nel sistema energetico isolano.L’impossibilità di ricorrere alla rete nazionale come grande “polmone”, in grado di assorbire gli squilibri carico/generazione, rende infattil’impiego degli accumuli, se non indispensabile, sicuramenteconveniente, anche tenendo conto degli effetti positivi in termini di stabilizzazione dei parametri di rete. I progressi tecnologiciinoltre sono stati molto rapidi e stanno incidendo altrettanto rapidamente sui costi. Già a distanza di qualche anno dal nostro studio, le simulazioni sulle isole campione danno risultati ancora più favorevoli per l’accumulo.

Dal lato efficienza energetica, in quali settori si può intervenire per ottimizzare i consumi elettrici?
Anche sul lato efficienza energetica la situazione delle isole minori non è paragonabile a quella del resto del territorio nazionale. L’elevata fluttuazione della domanda energetica isolana è ancora una volta il principale fattore che potrebbe limitare l’efficacia degli interventi, in quanto potrebbero risultare economicamente convenienti solo per le utenze legate alle presenze stabili, come ad esempio le scuole o l’illuminazione pubblica. Come già previsto dal decreto, una strada perseguibile è la sostituzione dei sistemi per la produzione di acqua calda sanitaria, oggi per gran parte costituiti da boiler elettrici, con sistemi a pannelli solari o a pompa di calore. Gli impianti di dissalazione rappresentano, laddove presenti e collegati in rete, utenze energivore, il cui efficientamento ha senz’altro effetti importanti sui consumi elettrici complessivi.
A proposito di dissalazione, stiamo portando avanti uno studio che riguarda l’utilizzo del sistema idrico come carico differibile, ovvero come strumento per incrementare la flessibilità complessiva del sistema energetico (Demand-side Management), concentrandone l’utilizzo nelle ore di massima produzione da parte delle FER e accumulando l’acqua dissalata, per essere consumata nelle ore successive della giornata.

È cambiato qualcosa – in meglio o in peggio – da quando avete svolto la ricerca per il Mise?
Il nostro studio è stato una solida base di partenza per l’elaborazione del tanto atteso decreto Mise del 14 febbraio 2017, la cui emanazione ha naturalmente innescato molto movimento tra gli operatori del settore. In realtà, già subito dopo la diffusione dei risultati della nostra ricerca si poteva rilevare un certo “fermento”, forse dovuto anche all’incertezza degli operatori su quali misure e quali adempimenti sarebbero stati previsti nel decreto. Diciamo che abbiamo contribuito a innescare un processo di cambiamento che ormai non poteva più essere rimandato,anche in considerazione delle iniziative europee in questo campo. Non va sottovalutato infine il ruolo di “laboratorio naturale” per la sperimentazione di tecnologie di gestione di microgrids isolate, che potranno essere impiegate in situazioni di “isole non geografiche” in molte altre situazioni, specie in paesi in via di sviluppo.