Acciaio verde: la tecnologia è pronta

Per l’acciaio verde, la tecnologia è matura. Le sfide sulla produzione di idrogeno

IDROGENO E INDUSTRIA: A CHE PUNTO SIAMO?

Idrogeno e industria: a che punto siamo? Quali sono i settori dove le prospettive sono più allettanti? L’idrogeno, infatti, può aiutare a decarbonizzare molti settori energivori. Rimane però il grande l’ostacolo di come produrlo da fonti rinnovabili in sufficienti quantità. Per questo è importante investire sulle infrastrutture necessarie. Magari immaginando degli hub dove concentrare impianti rinnovabili e elettrolizzatori, il più vicino possibile ai siti industriali. Ne parliamo con Claudio Zagano, del dipartimento Sviluppo sistemi energetici di RSE che, lo ricordiamo, è attualmente interlocutore unico presso il Ministero della Transizione Ecologica per la redazione della strategia nazionale sull’idrogeno.

Attualmente l’idrogeno è utilizzato per il 96% all’interno delle raffinerie e dell’industria petrolchimica. Nelle raffinerie viene impiegato per la purificazione e il trattamento dei combustibili fossili, mentre nelle industrie chimiche principalmente per la produzione di ammoniaca e metanolo. Parliamo di idrogeno grigio, prodotto da combustibili fossili attraverso steam reforming (per produrne un kg vengono emessi circa 9 kg di CO2). Ai fini dell’abbattimento delle emissioni, naturalmente, la vera svolta ci sarà con l’idrogeno verde, prodotto tramite elettrolisi dell’acqua, impiegando energia da fonti rinnovabili.

IDROGENO VERDE: QUATTRO SETTORI PROMETTENTI

Oltre alle raffinerie e al settore chimico, ci sono quattro settori industriali nei quali l’idrogeno verde può dare un contributo sostanziale all’abbattimento delle emissioni: acciaio, cemento, vetro e carta. L’acciaio è in pole position: l’integrazione dell’idrogeno nel processo industriale ha una tecnologia già pronta e industrializzabile. Nelle acciaierie l’idrogeno non verrebbe utilizzato come vettore energetico ma come reagente chimico. “Per il processo di riduzione del minerale del ferro, normalmente viene impiegato il carbon coke– spiega Zagano – Tuttavia, la riduzione può essere fatta anche con il metano ma con emissione di CO2. Già da subito, questa tecnologia può essere convertita all’idrogeno. In questo modo, avremmo in uscita dal reattore vapore acqueo. E allo stesso tempo un abbattimento importante delle emissioni di particolato. È una soluzione già applicabile ma richiede investimenti iniziali importanti”.

“Ovviamente è necessaria un’enorme quantità di idrogeno – prosegue Zagano – Se l’Ilva dovesse, come ipotizzato, arrivare a produrre otto milioni di tonnellate di acciaio all’anno, assorbirebbe da sola tutta la produzione iniziale di idrogeno verde”. La conversione dovrà essere necessariamente progressiva. Nel frattempo, potrebbe essere impiegato l’idrogeno blu. Si tratterebbe di una fase di transizione. “Non oltre il 2030”, sottolinea Zagano. Ma una soluzione del genere chiamerà in causa attente scelte di policy, in merito alle problematiche sollevate dalla cattura e dal sequestro dell’anidride carbonica.

ACCIAIO VERDE: IL PROGETTO SVEDESE HYBRIT

Per l’acciaio verde, dunque, la tecnologia è matura. Lo dimostra, ad esempio, il progetto svedese Hybrit, progetto avviato nel 2016. Il cronoprogramma prevede l’operatività di un impianto dimostrativo per la produzione di 1,3 milioni di tonnellate di acciaio fossil-free già nel 2026 nella città di Gällivare, nel nord del paese. L’obiettivo è arrivare a 2,7 milioni di tonnellate entro il 2030.

Gli altri ambiti che possono ben sperare sono la produzione di cemento, vetro e carta, ma i tempi di adeguamento tecnologico si prospettano più lunghi. In questi settori l’idrogeno ha un ruolo di vettore energetico, combustibile per bruciatori dei forni o per gli essiccatori delle cartiere. Si sposerebbe bene con i processi industriali che funzionano con alte temperature. Ma non è sufficiente sostituire il metano o – nel caso dei cementifici – il carbone e il CSS con l’idrogeno. “Non basta sostituire i bruciatori esistenti con bruciatori a idrogeno: è necessario intervenire anche sulla camera di combustione – spiega Zagano – poiché la fiamma dell’idrogeno ha una temperatura più alta rispetto a quella del metano ma ha un potere radiante inferiore, inoltre genera una fiamma con una forma più allungata. Ci sono delle sperimentazioni in atto ma siamo ancora ad un livello di sviluppo iniziale”.

IDROGENO VERDE: I PROSSIMI STEP

Cosa ci aspetta allora nell’immediato futuro? E quali sono le priorità per sviluppare la filiera? “Il primo passo da fare, il più semplice – risponde Zagano – è quello di cominciare a sostituire l’idrogeno grigio. In una prima fase con idrogeno blu, sempre che non ci siano problemi all’applicazione del sequestro e cattura della CO2. Per poi passare successivamente all’utilizzo dell’idrogeno verde in quei settori dove già viene proficuamente impiegato, ovvero raffinerie e chimica. Nel frattempo, è necessario costruire le condizioni e le infrastrutture per poter avviare l’utilizzo dell’idrogeno nelle acciaierie. Perché sono le realtà industriali più pronte. Si tratta di individuare dei siti dove produrre sia energia da fonti rinnovabili, sia idrogeno da elettrolisi. Bisognerebbe mettere insieme queste realtà in modo da evitare consumi, sprechi e ridurre i costi complessivi di produzione, stoccaggio e trasporto”.