Biocombustibili di seconda e terza generazione: i progetti del Cnr

Nel percorso di sempre maggiore integrazione delle fonti rinnovabili nel mix energetico, i biocombustibili di seconda e terza generazione possono costituire dei validi alleati per stabilizzare la griglia energetica e far fronte così alla intrinseca “intermittenza” di eolico e fotovoltaico. Ne è convinto Patrizio Massoli, dell’Istituto Motori del Cnr: “Andiamo verso un contesto in cui prevale l’ibridazione di fonti di energia differenziate. Con l’utilizzo delle biomasse noi possiamo immagazzinare e stoccare energia sotto forma liquida e gassosa da utilizzare quando necessario”. Massoli lo ha spiegato illustrando il lavoro che il Cnr, in collaborazione con varie università italiane, sta portando avanti con il progetto Bioenergia finanziato dal programma della Ricerca di Sistema.

BIOCOMBUSTIBILI: OBIETTIVO EFFICIENZA

In questo ambito, gli sforzi si concentrano su ottimizzazione ed efficientamento del processo di conversione delle biomasse in biocombustibili sia liquidi che gassosi. Quindi dal pretrattamento delle biomasse alla produzione di combustibili di elevata qualità da utilizzare con buoni rendimenti anche nelle attuali centrali. “I combustibili da biomasse – precisa Massoli – vanno impiegati nei sistemi sviluppati per i combustibili fossili, pur non possedendo le loro stesse proprietà. Il progetto bioenergia è nato per superare questa difficoltà”.

Sono due le linee di ricerca sulle quali si è concentrato principalmente il progetto del Cnr. Da un lato i processi di gassificazione; dall’altro l’utilizzo di biomasse tal quali attraverso un vettore liquido.
Per quanto concerne la gassificazione, la ricerca si è orientata sia su tecnologie e processi già noti sia su soluzioni più innovative. “Innanzitutto abbiamo lavorato su diun processo abbastanza noto, ovvero la gassificazione di biomasse in reattori a letto fluido per la produzione di syngas (gas sintetico) con specifiche proprietà. Le attività hanno riguardato lo sviluppo di strategie combinate di trattamento delle biomasse”.

COME TRATTARE LE BIOMASSE PER PRODURRE SYNGAS

In parole semplici? “Abbiamo studiato come pretrattare la biomassa e ottimizzare l’intero processo di trasformazione. Tra i pretrattamenti che abbiamo analizzato ci sono l’essiccazione, la torrefazione, la rimozione degli inorganici. Abbiamo così ottenuto una sorta di prontuario. In base alla biomassa di partenza so come trattarla prima di sottoporla al processo chimico che la trasformerà in un syngas e so che quel syngas avrà le giuste caratteristiche, come ad esempio il giusto potere calorifero, per poter essere impiegato nei sistemi termoelettrici di conversione (motori, turbine, caldaie) in centrali ma anche in impianti locali”.

In questo modo, il progetto del Cnr fornisce linee guida che consentono di ottimizzare l’utilizzo di biomasse già impiegate e di allargare lo spettro delle biomasse impiegabili. Un esempio? Le biomasse ricavate da terreni inquinati: il prontuario del Cnr spiega come “ripulirle” per poi utilizzarle in maniera sicura. Questo lavoro il Cnr lo ha realizzato in collaborazione con il Dipartimento di ingegneria chimica, dei materiali e della produzione industriale della Federico II di Napoli e con il Dipartimento di ingegneria industriale dell’Università di Salerno.

BIOCOMBUSTIBILI DA PIROLISI, GRAZIE ALL’ENERGIA SOLARE

Rimanendo nell’ambito della produzione di combustibili gassosi, un altro sviluppo interessante e per certi aspetti più innovativo è costituito dalla ricerca sulla gassificazione tramite pirolisi, ovvero la combustione in assenza di ossigeno. Una ricerca che vede la collaborazione con l’Università di Bologna, in particolare con il Centro interdipartimentale di ricerca per le scienze ambientali di Ravenna. “In questo caso lavoriamo all’ottimizzazione della produzione di syngas attraverso la pirolisi della biomassa. Qual è l’aspetto innovativo? Il calore per riscaldare la biomassa viene ottenuto attraverso un concentratore di energia solare”.

Un progetto ancora in fase prototipale ma che promette di rendere ancora più efficiente il bilancio carbonico del processo di produzione di energia da biomasse. “Il punto cruciale per determinare fenomeni chimici peculiari nella fase di pirolisi e nella fase di gassificazione della biomassa è la velocità di riscaldamento. Per questo usiamo una lente particolare per ottenere in pochissimo tempo una densità di energia tale da sostenere il processo”.

IL BIO SLURRY DALLE ALGHE

Sul fronte della produzione di biocombustibili liquidi, il Cnr ha testato invece un bio-slurry dalle prestazioni estremamente avanzate. Una linea di ricerca che risponde alle esigenze di centrali termoelettriche di alta potenza che oggi utilizzano oli combustibili o carbone. “Siamo riusciti a fluidificare la biomassa migliorando una soluzione sviluppata negli anni ’50 e che in Occidente abbiamo conosciuto soprattutto negli anni ’70 a seguito della prima crisi petrolifera”.

Lo slurry è normalmente una miscela di acqua e polverino di carbone. In questo caso, il bio-slurry prodotto dal Cnr è costituito da finissime particelle di biomassa sospese in acqua o biodiesel, ma possono essere usati anche oli vegetali. Le particelle utilizzate derivano da microalghe e da char, ovvero il residuo solido della biomassa gassificata tramite la pirolisi (l’equivalente del coke prodotto dalla lavorazione del carbone). In questo modo si ottimizza anche lo sfruttamento della biomassa. “Nel produrre lo slurry abbiamo usato sia biomassa algale finemente tritata sia bio-char. L’abbiamo studiata per utilizzarla al meglio: quali sono le dimensioni ottimali? Quale percentuale di biomassa posso utilizzare affinché non ci sia erosione dei sistemi tecnologici? Abbiamo studiato le condizioni ottimali per la combustione. Siamo molto soddisfatti dai risultati ottenuti”.