Biocombustibili: obiettivo efficienza

Negli ultimi anni, la produzione di biocombustibili ha sollevato alcune ragionevoli critiche di tipo etico: è sostenibile una produzione che sottrae terreni adatti all’agricoltura? Tuttavia, per far fronte agli impegni di riduzione delle emissioni climalteranti, non si può prescindere da una ampia diffusione di combustibili alternativi. E non solo nel settore dei trasporti, dove l’elettrificazione ha ancora molta strada da fare. Partendo da queste criticità, la ricerca si sta oggi concentrando sullo sfruttamento di biomasse che non contendano terreni alla produzione agricola destinata all’alimentazione. E anche la Ricerca di Sistema sta esplorando queste opzioni, come ci spiega Patrizio Massoli, dell’Istituto Motori del Cnr.

“Dalla colza e il cardo, si è fatto un ulteriore passo in avanti con l’utilizzo di biomasse che non confliggano con l’agricoltura convenzionale come gli scarti e i residui di lavorazione”. Si tratta di biomasse molto differenziate: da quelle provenienti dalle industrie agroalimentari ai residui della lavorazione del legno; dagli scarti delle grandi catene di distribuzione di merci vegetali deperibili alle biomasse da rifiuti urbani. “Tuttavia, questa varietà di biomasse può originare problemi tecnici per il sistema di conversione biomassa-biocombustibile. Una alternativa in grado di garantire una produzione più stabile nel tempo deve affidarsi alla produzione di biomassa dedicata attraverso, ad esempio, la coltivazione di microalghe. In tal caso, parte degli studi sono rivolti ad individuare le varietà più adatte in funzione della resa o della resistenza”.

I progetti della Ricerca di Sistema – in questo caso, progetti selezionati dal Bando di tipo A e quindi realizzati esclusivamente da centri di ricerca in collaborazione con le università – si concentrano sulla produzione di biocombustibili di seconda e terza generazione ottenuti dalla pirolisi (processo di trasformazione termochimica della materia tramite l’utilizzo di calore in assenza di ossigeno) di biomasse. L’obiettivo è l’efficienza, ovvero elaborare soluzioni che possano ottimizzare il processo di conversione di biomassa in biocombustibili: “Noi vediamo la filiera nel suo complesso. Il nostro obiettivo è mettere a punto un processo che nella fase di produzione della biomassa, nella conversione in bio-olio e nel successivo upgrading richieda il minor utilizzo possibile di energia e il minor costo”.

Per quanto riguarda i biocombustibili da microalghe, allo studio vi è un processo di conversione della biomassa in bio-olio che preveda una fase di upgrading (cioè di miglioramento delle caratteristiche fisico-chimiche) integrato nel processo di pirolisi. “Normalmente l’olio di pirolisi – spiega Massoli – deve essere opportunamente trattato per essere utilizzato. Noi stiamo studiando un processo nel quale simultaneamente al processo di pirolisi c’è un sistema di catalisi. In questo modo, quello che si ottiene è già un prodotto di qualità sufficientemente alta per essere utilizzato in fornaci o in motori, senza alcun bisogno di un upgrading successivo”. In pratica si evita un passaggio e il processo di produzione diviene più efficiente e quindi più economico.

Nell’ambito della Ricerca di Sistema, l’obiettivo è la messa a punto di processi per la produzione di biocombustibili utilizzabili in sistemi stazionari (fornaci ma anche grandi motori) per la produzione di energia elettrica. Lo stesso concetto di ottimizzazione è stato applicato alla produzione del syngas ottenuto dalla idropirolisi di biomasse da residui, anch’esso direttamente utilizzabile nelle fornaci in un regime di “combustione diluita”, una particolare tecnologia di combustione a basse emissioni. Sempre nell’ottica di ottimizzazione dell’intera filiera di produzione/conversione di energia, sono stati inoltre condotti studi su micro turbine a gas commerciali utilizzando miscele gassose combustibili con elevato tenore di anidride carbonica. “Nei nostri laboratori è stata messa a punto una tecnica di alimentazione grazie alla quale le tecnologie già oggi esistenti potrebbero utilizzare biogas con concentrazioni di CO2 fino al 40%, un valore che equivale al limite individuato dalla letteratura scientifica in materia”. Ciò comporterebbe il grosso vantaggio di utilizzare il biogas negli stessi sistemi tecnologici predisposti fino ad oggi per il gas naturale.

Ulteriore innovazione elaborata nell’ambito della Ricerca di Sistema è stata la formulazione del bio-slurry: una miscela combustibile formata a partire dal char (particelle solide carboniose) e dal bioolio prodotti nel processo di pirolisi della biomassa. La tecnologia dello slurry si sviluppò negli anni Settanta durante la prima grande crisi petrolifera per consentire l’uso di polverino di carbone nelle grandi centrali termoelettriche alimentate ad olio combustibile. In tal caso lo slurry consisteva nel miscelare il polverino di carbone in acqua o olio combustibile. Il bio-slurry di cui ci parla Massoli è totalmente bio perché è formato utilizzando le frazioni solida e liquida prodotte nel processo di trasformazione della biomassa: “I primi risultati della sperimentazione sono incoraggianti: la qualità di combustione del bioslurry è buona. In questo modo il 100% di ciò che otteniamo dal trattamento delle biomasse potrebbe essere destinato alla produzione di energia”.

Di Francesco Sellari