Blockchain ed energia: sicurezza per nuovi modelli di business

La tecnologia blockchain è alla base dell’affermazione delle cosiddette criptovalute. Uno strumento per certi versi rivoluzionario, l”uovo di Colombo” per transazioni che necessitano di un alto livello di sicurezza. Apparentemente inattaccabile, a basso costo e adattabile a più contesti. Il settore dell’energia è tra quelli che potrebbe beneficiarne.

BLOCKCHAIN: UNA TECNOLOGIA IN GRADO DI CAMBIARE IL MERCATO DELL’ENERGIA

La blockchain può essere vista come una banca dati condivisa tra i computer di una rete, secondo una logica “da pari a pari”. Ogni blocco della catena include i dati crittografati delle transazioni monetarie. Chiunque utilizzi una criptovaluta di fatto può accedere ad una copia di questo “libro contabile”: la modifica dei dati inseriti in un singolo blocco è resa possibile solo da un accordo tra la maggioranza dei nodi che scrivono i blocchi della catena (il 51%). Il monitoraggio dell’integrità dei dati è di fatto distribuito tra i nodi della rete, rendendo superflua la necessità di un’autorità centrale.

L’INTERESSE DELLE UTILITIES E LE SPERIMENTAZIONI DI COMUNITÀ

Le grandi aziende del settore energetico si stanno muovendo in questa direzione. Nell’ottobre del 2017 è avvenuta la prima vendita di energia tra due grandi player del mercato europeo, E.ON ed Enel. La transazione è stata resa possibile grazie ad Enerchain, una rete basata su blockchain che coinvolge complessivamente 33 società energetiche. “Questa tecnologia può agevolare la creazione di un mercato unico dell’energia – ci dice Gianluigi Proserpio, di RSE, Ricerca Sistema Energetico – Abbassando i costi di accesso al mercato, inoltre, può favorire il protagonismo di soggetti più piccoli. Si pensi all’esperienza di Brooklyn Microgrid, una realtà dove i possessori di impianti fotovoltaici vendono l’energia in eccesso ai vicini. Alla base c’è proprio la blockchain”.

SMART CONTRACTS E BASSI COSTI DI INFRASTRUTTURA

Non solo compravendita di energia ma anche scambio di servizi. Come quelli per garantire la flessibilità del sistema elettrico. Un esempio: “In RSE  – prosegue Proserpio – c’è una colonnina di ricarica e l’abbiamo utilizzata per abilitare la ricarica di un’auto elettrica attraverso criptovalute, uno scambio di denaro con costi bassi di infrastruttura. Immaginiamo una piccola azienda che abbia un impianto fotovoltaico: potrebbe decidere di vendere l’energia in eccesso ai possessori di auto elettriche. E il pagamento avverrebbe tramite una app sullo smartphone.  I vantaggi? Il produttore di fotovoltaico non svenderebbe la propria energia, il proprietario dell’auto troverebbe più punti di ricarica e la rete verrebbe in un certo senso alleggerita”.

Ethereum è un’altra piattaforma decentralizzata basata sulla blockchain (la moneta di riferimento è l’Ether). Ciò che può farla preferire in ambito energetico è la possibilità di creare gli smart contracts. Si tratta, semplificando, di software in grado di verificare e validare una transazione. “Pensiamo ad uno scenario demand-response –  ci dice Proserpio – Un operatore di rete, se prevede picchi di domanda o cali di generazione, può richiedere ad un utente con un contratto di bassa potenza di modificare il proprio comportamento di consumo. L’utente potrà allora ricevere un compenso economico se accetta di ridurre il proprio consumo, ad esempio, ad un quinto della propria potenza contrattuale in un determinato intervallo di tempo. Tutto ciò è reso possibile da uno smart contract, un software che, grazie alla blockchain, può essere eseguito su tutti i nodi della rete”. Di fatto, la rete dei nodi darà il suo ok alla transazione (in questo caso il pagamento dell’utente) solo in presenza di determinate condizioni (uno specifico livello di consumo).

BLOCKCHAIN: I PROGETTI DELLA RICERCA DI SISTEMA

Nell’ambito del programma della Ricerca di Sistema, la Fondazione Ugo Bordoni, in collaborazione con RSE, studia le caratteristiche tecniche della blockchain, e la possibilità di adattarla ai servizi richiesti nelle smart grid. “Ci occupiamo di analizzare il contributo che questa tecnologia può dare all’esecuzione di alcuni servizi di natura infrastrutturale – spiega Franco Guida, della Fondazione Bordoni – necessari per il buon funzionamento di diverse tipologie di reti. Mi riferisco a servizi di utilità generale come l’identificazione e autenticazione dei nodi di una rete”.

Tutti i dispositivi visibili su una rete elettrica, dagli smart meter ai dispositivi utilizzati negli impianti di generazione, devono essere identificati e autenticati. Questo può essere fatto con tecnologia blockchain senza ricorrere ad un’autorità terza. Inoltre, l’archivio distribuito associato alla blockchain può conservare una serie di informazioni preziose per il funzionamento delle reti elettriche: i flussi di energia, i picchi della domanda ecc. “Per come è strutturata la blockchain di Bitcoin, i singoli blocchi lasciano poco spazio alle informazioni di natura non finanziaria. Da questo punto di vista Ethereum  dà una maggiore flessibilità. Bisogna individuare la soluzione ottimale, facendo le scelte progettuali più adatte a soddisfare i requisiti del servizio”.

UNA SFIDA DI NATURA TECNICA ED ECONOMICA

Gli ostacoli da affrontare per calare l’approccio blockchain all’interno delle smart grid non sono solo di natura tecnica. “Il sistema – conclude Guida – deve essere concepito in modo tale che i soggetti che dovrebbero eseguire le funzioni per mantenerlo in esercizio siano motivati a farlo. Nel caso di Bitcoin la motivazione è di tipo economico: chi svolge la funzione di scrittura dei dati all’interno dell’archivio riceve una ricompensa economica”.  Sono i cosiddetti miners: aziende specializzate nella scrittura dei blocchi. Ogni blocco contiene circa 2.000 transazioni. Il miner che lo scrive riceve una ricompensa fissa pari a 12,5 bitcoin (oltre 84.000 euro alla quotazione odierna). Chi sono i miners? Aziende specializzate, a volte consorziate, che utilizzano migliaia di processori contemporaneamente (con costi elevati in termini di consumi elettrici) per risolvere il problema matematico che dà loro diritto a scrivere i blocchi e di fatto a “stampare” nuova moneta. “Nei casi in cui tale ricompensa non è prevista  – spiega Guida – occorre invece la disponibilità, da parte delle entità coinvolte, a svolgere le funzioni previste sostenendo costi non eccessivi pur mantenendo una elevata resistenza ad alterazioni illecite dell’archivio”.