Celle a ioni di sodio: l’alternativa a litio e grafite

a sperimentazione RSE sulle celle a ioni di sodio. Intervista a Omar Perego.

LA LISTA DELLE MATERIE PRIME CRITICHE

La transizione ecologica dipende fortemente dai critical raw materials. Parliamo delle “materie prime critiche”. Lo scorso anno la Commissione Europea ha aggiornato la lista degli elementi il cui approvvigionamento è di importanza strategica per diversi settori industriali. Ma la cui reperibilità è scarsa o concentrata in aree del globo, quasi tutte extra UE, dove le attività estrattive comportano enormi impatti ambientali e sociali. La corsa all’accaparramento di questi componenti per il mercato delle batterie è trainata dal boom della mobilità elettrica. Tra i trenta “most wanted” c’è il litio, utilizzato per le batterie. Per ridimensionare la dipendenza dal litio bisogna aumentare capacità ed efficienza delle batterie, allungarne la vita e trovare materiali alternativi.

“Il litio è il materiale perfetto ed è la tecnologia su cui punta l’Europa. Ma è un elemento critico. Non possiamo basarci solo su di esso. Laddove è ipotizzabile, come nell’accumulo elettrochimico stazionario, dobbiamo cercare il più possibile di sostituirlo. Per non sprecarlo, massimizzandone quindi la disponibilità per le auto e i processi ad alta potenza”. A parlare è Omar Perego, project manager di RSE ed esperto di materiali e tecnologie di sistemi d’accumulo. Come principale sostituto del litio, RSE sta puntando sul sodio, molto più diffuso e distribuito sulla crosta terrestre e più facilmente reperibile. Ma si tratta di soluzioni integrative e non sostitutive. Da sperimentare ad esempio nello storage stazionario dove i volumi non sono un vincolo insormontabile. O per veicoli che hanno maggiore spazio per ospitare pacchi batterie: ad esempio gli autobus del trasporto locale.

LA TECNOLOGIA DELLE CELLE A IONI DI SODIO

RSE è al lavoro dunque su celle a ioni di sodio. La ricerca di sostenibilità non riguarda solo il materiale principale, ma tutta una serie di elementi connessi. “Il principio di funzionamento è lo stesso – spiega Perego – Intercalazione dello ione e legami chimici. Ma il sodio si lega con materiali diversi”. Proviamo a spiegare. Per rilasciare elettricità, gli ioni – siano essi del sodio o del litio – devono viaggiare tra anodo (polo negativo) e catodo (polo positivo). In questi poli devono trovare materiali con una struttura all’interno della quale possano incanalarsi e passare. È questo, semplificando, il processo di intercalazione. Normalmente, per l’anodo delle batterie agli ioni di litio si usa la grafite naturale, anch’essa inserita tra le materie prime critiche.

“Il nostro obiettivo – prosegue Perego – è quello di creare un materiale anodico a basso potenziale (basso voltaggio), equivalente alla grafite, fondamentale per il litio, ma non utilizzabile per il sodio. Il problema principale è creare un materiale con una struttura rigida, capace di resistere a molti cicli di carica e scarica. Ci sono dei nuovi materiali, definiti Mxeni, che possono essere adatti allo scopo. In RSE, questi materiale vengono realizzati a partire dalla MAXphase costituita da alluminio, carbonio e titanio. Elementi presenti in maniera più diffusa della grafite naturale”. I test stanno dando risultati incoraggianti.

Perego: “ L’utilizzo di MXeni come anodo di celle a ioni sodio ci ha permesso a oggi di avvicinarci ai potenziali medi d’esercizio di dispositivi analoghi commerciali a base litio. Stiamo anche riducendo il gap esistente in termini di capacità gravimetrica, indice del peso del dispositivo. Infatti, le buone prestazioni ottenute dalle nostre celle, anche se inferiori di 3 o 4 volte a quelle del litio, elemento più piccolo e più leggero del sodio, possono beneficiare di un vantaggio intrinseco nella tecnologia. Una cella al sodio può usare l’alluminio come collettore di corrente anodico, mentre una al litio deve per forza usare il rame (più pesante). Questo perché l’alluminio legando con il litio, ostacolerebbe il meccanismo di intercalazione. Per quanto riguarda i cicli di carica e scarica, non arriviamo ai 3-4.000 cicli di una batteria al litio. Ma per il momento abbiamo visto che a 500 cicli non perdiamo capacità”.

SOFTWARE DI MONITORAGGIO E CONTROLLO PER ALLUNGARE LA VITA DELLE BATTERIE

Un’altra strategia chiave per ridurre la dipendenza dai materiali critici è quella di allungare la vita delle batterie. RSE è quindi impegnata nello sviluppo di BMS, Battery management system, ovvero sistemi di monitoraggio e controllo che possono migliorare l’efficienza delle batterie o dar loro una seconda chance. “In un veicolo elettrico basta che ci sia un calo della capacità del 20% che i km percorribili si riducono drasticamente – ci dice Perego – Per il settore automotive, quella batteria è da buttare. Ma potrebbe avere una seconda vita in ambito stazionario: per servizi di rete, servizi per l’industria, autoconsumo domestico”.

In ambito stazionario, quindi, si possono usare le batterie vecchie delle automobili. Dove sta la difficoltà? Le singole celle non si comportano allo stesso modo, perché magari hanno diversi gradi d’usura. Normalmente, andrebbero smontate per individuare le celle più deboli e per capire come farle lavorare insieme a quelle meno danneggiate. “Questa operazione si può fare con sistemi di controllo software attivi e tecniche di machine learning – prosegue – In questo modo posso controllare le singole celle, decidendo, ad esempio, di escludere o far lavorare a tratti quelle più deboli. E allo stesso tempo, sfruttando l’intelligenza artificiale, posso ipotizzare il comportamento futuro della batteria”. I risultati? “L’efficienza può migliorare anche del 20%. La vita utile della batteria può addirittura raddoppiare”.

 Credit foto: Cyril Fresillon/Tiamat Energy/CNRS