Clima ed energia: obiettivi e scenario. Il parere di RSE

Dopo gli obiettivi previsti per il 2020 dal “Pacchetto Clima e Energia”, la Commissione Europea ha recentemente proposto nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni atmosferiche da raggiungere entro il 2030 (Clean Energy Package) che fanno seguito all’accordo raggiunto a Parigi . Tali obiettivi prevedono la riduzione delle emissioni totali del 40% rispetto al 1990, l’aumento dell’energia da fonti rinnovabili al 27% del consumo finale e il risparmio del 30% di energia attraverso l’aumento dell’efficienza energetica.

Secondo l’AIE negli ultimi tre anni le emissioni globali di anidride carbonica sono rimaste sostanzialmente stabili. L’elettricità generata da fonti rinnovabili ha avuto un ruolo fondamentale, avendo rappresentato circa il 90% della nuova generazione di energia elettrica nel 2015; l’eolico da solo ha rappresentato più di metà della nuova produzione di energia elettrica. In parallelo, l’economia mondiale ha continuato a crescere di oltre il 3%, offrendo un’ulteriore prova che il legame tra crescita economica e la crescita delle emissioni si sta indebolendo.

Per l’Italia, stando al documento di analisi della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile predisposto dal Ministero dell’Ambiente (Agenda 2030- Il posizionamento italiano), un obiettivo da raggiungere entro il 2030 è raddoppiare il tasso globale di miglioramento dell’efficienza energetica. Secondo Eurostat, nel periodo 2003-2014 l’efficienza energetica in Italia è migliorata di quasi il 16%, con una riduzione dei consumi più accentuata a partire dal 2010 anche a causa della crisi economica. Questo dato è però inferiore alla media europea, il cui incremento dell’efficienza energetica è pari al 20,83%. Aumentare l’efficienza energetica del 100% nei prossimi 15 anni per l’Italia, è pertanto obiettivo difficile da raggiungere.

Chiediamo al fisico Francesco Apadula, del gruppo di Ricerca Clima e Meteorologia del Dipartimento Sviluppo Sostenibile e Fonti Energetiche di RSE, qual è oggi lo stato del pianeta e se sono raggiungibili gli obiettivi di riduzione delle emissioni atmosferiche indicati dall’accordo di Parigi.
E’ oramai noto che la temperatura globale del pianeta è soggetta a un progressivo aumento che in questi ultimi decenni ha fatto registrare spesso anni sempre leggermente più caldi. Lo scorso anno, per esempio, è stato per il terzo anno consecutivo l’anno più caldo dall’inizio delle misure termometriche. Questa volta si tratta di un record, se vogliamo così chiamarlo, significativo per l’entità dell’aumento della temperatura anche se favorito dal forte episodio di El Niño formatosi a partire dal 2015. Questo riscaldamento, denominato global warming, è ormai risaputo essere principalmente dovuto alla costante crescita delle concentrazioni dei gas serra immessi in atmosfera prevalentemente in conseguenza delle attività antropiche. Presso la stazione di misura del Plateau Rosa, già da alcuni decenni, RSE rileva in continuo l’andamento delle concentrazioni in aria di alcuni importanti gas serra (in particolare dell’anidride carbonica, CO2) verificando, di anno in anno, l’ inesorabile crescita delle concentrazioni. La stazione fa parte di una rete mondiale di centri pubblici che forniscono dati sullo stato del pianeta ed è posta a 3500 metri di quota e rileva i valori di fondo, non influenzati dalle emissioni di specifiche sorgenti locali. Le affermazioni dell’AIE riguardo alle emissioni che si sarebbero stabilizzate negli ultimi tre anni non trovano ancora riscontro nelle misurazioni di concentrazione di anidride carbonica in atmosfera che noi vediamo ancora in aumento: ciò è dovuto al fatto che soltanto circa il 50% delle emissioni antropiche sono rimosse dall’atmosfera grazie alla interazione con la biosfera terrestre. Pertanto per ottenere una riduzione delle concentrazioni sarà necessario invertire i flussi in modo che l’assorbimento dell’anidride carbonica da parte della biosfera terrestre risulti superiore ai valori di emissione antropica. Al riscaldamento globale sono anche connessi, con elevata probabilità, gli eventi atmosferici estremi che si verificano in ogni parte del mondo con frequenza sempre maggiore rispetto a quanto è potuto accadere nei secoli passati.

Per cercare di porre rimedio a questo continuo aumento delle concentrazioni di gas serra e in particolare dell’anidride carbonica, che rappresenta il gas con la maggiore responsabilità del riscaldamento, si è raggiunto, lo scorso anno, un Accordo fra le nazioni con il fine di ridurre le emissioni, in particolare di questo composto climalterante, al fine di contenere al di sotto dei 2° centigradi l’aumento della temperatura globale del pianeta.

Gli obiettivi di riduzione delle emissioni certamente hanno senso e dipendono dall’impegno di tutte le nazioni ma, tra gli esperti, sono stati comunque giudicati largamente insufficienti, semmai raggiunti, a soddisfare l’obiettivo di contenimento della temperatura entro i 2 °C; inoltre, puntare sull’obiettivo ambizioso di mantenere il riscaldamento “ben al disotto dei 2 gradi” imporrebbe, oltre ad una significativa conversione di processi verso l’elettrificazione ed alla completa decarbonizzazione del sistema elettrico, la messa in opera di azioni di cattura e sequestro delle emissioni residue e di misure estreme di efficientamento energetico dei trasporti e dell’industria. Ritengo pertanto che per il futuro, oltre a delle azioni di mitigazione, siano necessarie anche delle strategie di adattamento alle modifiche climatiche.

Si tratta di perseguire una strategia globale? Anche se si sta lentamente assistendo a un disaccoppiamento tra crescita del Pil e consumi energetici, purtuttavia oltre un miliardo di persone non ha ancora accesso all’energia. Quindi i consumi di energia sono destinati ancora ad aumentare. E’ possibile, secondo lei, migliorare ulteriormente l’efficienza energetica dei settori industriale e civile e sostituire le fonti fossili con fonti rinnovabili?
Si, indubbiamente, la strategia da perseguire deve essere globale altrimenti si rischia di vanificare i buoni risultati perseguiti da alcune nazioni per colpa di altre meno impegnate su tali obiettivi. I segnali che ci arrivano su un possibile disimpegno degli Stati Uniti dalle iniziative di riduzione delle emissioni non aiutano a essere ottimisti, anche alla luce del sostanziale fallimento del recente G7 dell’Energia che non ha visto alcuna dichiarazione finale condivisa. Di contro Europa, Cina e India hanno ribadito il loro importante impegno nel settore della decarbonizzazione dell’energia anche attarverso un rinnovato sostegno alle iniziative e campagne del Clean Energy Ministerial e in Mission Innovation che prevede un raddoppio in cinque anni delle spese per la ricerca di soluzioni a riduzione delle emissioni climalteranti. L’Italia è in prima linea in ambedue questi contesti. Credo che molto si possa ancora fare, soprattutto aiutando i Paesi emergenti ad adottare tecnologie e soluzioni efficaci e già sperimentate, accorciando così la curva di apprendimento e saltando alcune tappe. Lo sviluppo di infrastrutture energetiche che consentiranno un accesso più diffuso a fonti di energia pulita potrà così avvenire in modo più veloce e sicuro, pur interfacciandosi alle infrastrutture esistenti per renderle adatte alle esigenze di affidabilità e qualità del servizio indispensabili nel 21° secolo. Vi è sempre maggiore evidenza come la green economy sia anche molto vantaggiosa per gli operatori industriali, garantendo posti di lavoro qualificati, mercati e servizi innovativi.

Quale peso ritiene possano avere i comportamenti individuali per ridurre i consumi energetici?
Credo non siano per nulla trascurabili ai fini dell’obiettivo da conseguire. Un comportamento virtuoso del singolo, dal punto di vista ambientale e dell’uso finale dell’energia, genera sicuramente anche una cultura adeguata ed un modus vivendi di riferimento per il prossimo oltre a creare un contesto favorevole ai fini del rispetto dell’ambiente e della riduzione degli sprechi.

La tutela dell’ambiente e il corretto uso dell’energia rappresentano un obiettivo da perseguire per garantire la sopravvivenza delle generazioni future e costituiscono una dimensione morale che tocca tutti. Penso, in particolar modo, ai cosiddetti potenti della Terra, e a chi si occupa di comunicazione a vari livelli (scuola, media, politica) e a ciascuno di noi che può risultare, nel suo piccolo contesto, un esempio da seguire.