Dall’edilizia un potenziale risparmio del 60%. Le proposte Enea per stimolare gli investimenti

Un Paese che migliora il livello di efficienza con cui usa l’energia ma che si trova ancora di fronte grandi sfide per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione europea. Questa è la fotografia del presente. E se provassimo a spingere lo sguardo più in là cosa potremmo trovare? Quali sono i settori su cui è più probabile riuscire a fare un salto?

“In questo campo le previsioni hanno sempre un margine di rischio perché le variabili in gioco sono molte”, risponde Ilaria Bertini, direttore aggiunto dell’Unità tecnica efficienza energetica dell’Enea. “Comunque io indicherei il pieno sviluppo della deep renovation degli edifici come uno degli obiettivi più interessanti che ci stanno di fronte. Ci sono grandi traguardi da raggiungere e grandi difficoltà da superare”.

Cominciamo con le difficoltà. Finora è stato fatto un buon lavoro grazie agli incentivi per la riqualificazione energetica degli appartamenti che hanno in parte compensato il crollo del settore edilizio causato dalla crisi economica. Nel 2007 la manutenzione straordinaria valeva il 47% degli investimenti in costruzioni; nel 2015 è salita al 66% (76,7% per il residenziale). Nel periodo 2007‐2014 questo sforzo si è tradotto nella capacità di dare lavoro direttamente a 257.000 persone e indirettamente ad altre 386.000. Ma dal punto di vista dell’efficienza gli investimenti nei singoli appartamenti hanno permesso incrementi che oscillano attorno al 30%, mentre una deep renovation che aggredisca l’involucro dell’edificio potrebbe raddoppiare la percentuale. Cosa ostacola il processo?
“Mettere d’accordo interi condomini è naturalmente più difficile”, continua Ilaria Bertini. “Inoltre non tutti hanno a disposizione un reddito che consente di trarre beneficio dalle detrazioni fiscali. Da questo punto di vista a essere poco interessati non sono solo disoccupati e pensionati: anche una famiglia sostenuta da due redditi attorno ai 1.200 euro fa fatica a utilizzare le detrazioni. Dunque si tratta di trovare motivazioni economiche diverse. E uno strumento interessante è stato individuato. Si tratta di dividere l’investimento in tre componenti. Una piccola quota iniziale, attorno al 10% da parte dei singoli. Il 90% coperto da un fondo ad hoc. Questo fondo potrebbe recuperare le risorse investite utilizzando, per circa due terzi, il meccanismo delle detrazioni fiscali e per il restante con una voce da far gravare sulle bollette nell’arco di un congruo numero di anni, bollette più leggere in virtù degli interventi effettuati. Un po’ come fanno le esco”.

Un meccanismo del genere darebbe al mercato del miglioramento energetico degli edifici una dimensione di massa che permetterebbe di abbattere i costi. “Anche in questo caso i benefici si ottengono su più fronti”, aggiunge Bertini. “Una prima diminuzione dei prezzi deriva dal fatto di produrre su scala maggiore. Una seconda dal fatto che si può arrivare a una migliore standardizzazione dei prodotti. Intere parti degli edifici potrebbero essere realizzate in fabbrica e poi montate in maniera modulare, in alcuni casi anche con l’uso di stampanti in 3d, in modo da rendere più economica l’operazione”.
Con ricadute occupazionali importanti? “Sì. Se si desse efficienza agli edifici degli anni Sessanta e Settanta, che sono i peggiori dal punto di vista energetico, attraverso un 30% di deep renovation e un 70% di interventi più leggeri si aprirebbero possibilità interessanti dal punto di vista occupazionale”, conclude Bertino. “Ma c’è bisogno di un’offerta adeguata, di scuole professionali capaci di dare una formazione adeguata e di stimolare l’aggiornamento continuo”.

Di Antonio Cianciullo