Energia: emissioni stabili. Per i 2/3 è merito dell’efficienza

otizie positive dal fronte emissioni: la IEA ha registrato nel triennio 2014-2016 un andamento costante delle emissioni di CO2, nonostante la crescita economica. Su questo risultato, senza dubbio confortante, quanto hanno inciso le politiche per l’efficienza energetica? “Il 2015 è l’ultimo anno per il quale abbiamo dei dati esaustivi – risponde Laura Cozzi, Deputy Head al Directorate for Global Energy Economics dell’Agenzia internazionale per l’energia – Possiamo affermare che per il 2015 la stabilizzazione delle emissioni è stata dovuta per due terzi alla efficienza energetica e per un terzo al cambiamento nell’offerta energetica, quindi più rinnovabili, nucleare ecc”. Le politiche per l’efficienza stanno incidendo in maniera più netta in Cina (dove nel 2016 le emissioni sono calate dell’1% a fronte di una crescita economica del 6.7%). Il gigante asiatico ha messo in campo delle politiche decise per aumentare la produttività energetica: “Il governo cinese ha deciso di intervenire in quei settori energy intensive come la produzione di acciaio e cemento, chiudendo le fabbriche meno efficienti”. Negli Stati Uniti – l’altro grande emettitore – l’efficienza ha inciso meno. “Sicuramente c’è stato un miglioramento soprattutto nel comparto elettrico, ma il grosso del miglioramento è dovuto allo switch dal carbone allo shale gas”.

A livello globale, il decoupling tra crescita economica e andamento delle emissioni è accompagnato da un trend simile nel rapporto tra espansione dell’economia globale e consumi energetici. Una tendenza evidenziata dall’andamento dell’intensità energetica, ovvero il rapporto tra consumi di energia e PIL. “Negli anni 2014-2015 l’intensità energetica globale è scesa di circa l’1,7% anno e nel 2016 quasi del 2%. Un dato che equivale a circa il doppio di quanto abbiamo potuto misurare nella media annuale dell’ultimo decennio”. Questo risultato si spiega da un lato con la transizione verso una economia di servizi, dall’altro proprio con le scelte sull’efficienza: “tutti i settori dell’economia stanno producendo sempre più valore aggiunto con meno intensità energetica, riusciamo a produrre una unità di dollaro con molta meno energia in entrata”.

Anche l’Europa ha visto le emissioni stabilizzarsi tra il 2015 e il 2016 ma il fattore determinante è stato il crollo del carbone nella produzione elettrica: siamo ai minimi storici con una decrescita dell’ordine del 10%. “Stiamo ancora seguendo i piani attuativi sulla efficienza energetica per il 2020 – aggiunge la Cozzi – I cambiamenti registrati sono abbastanza incrementali, non c’è un trend particolarmente forte o importante che possa influire. C’è da dire che in Europa abbiamo fatto già molto in vari settori, dall’edilizia alle autovetture. In altri settori siamo indietro, in particolare nel trasporto su gomma dove i consumi stanno continuando ad aumentare mentre lo spazio per l’efficienza energetica è molto grande e si potrebbe fare molto anche con costi contenuti”.

E l’Italia? Nel 2014 e nel 2015 non c’è stato un disaccoppiamento tra andamento dell’economia e consumi energetici ma, sottolineano Alessandro Federici e Giulia Iorio dell’Enea, “bisogna notare come storicamente l’Italia presenti valori relativamente bassi dell’intensità energetica in confronto ai principali paesi europei”. In Italia nel 2015 l’intensità energetica è cresciuta rispetto al 2014, dopo alcuni anni di calo: “Nel periodo 2005-2015 l’intensità energetica primaria è diminuita del 13,9%, in media 1,5% annuo, mentre l’intensità energetica finale (usi non energetici esclusi) è diminuita dell’11,5%, 1,2% annuo”. “Nel nostro Paese – aggiungono – consumi energetici e PIL tendenzialmente hanno lo stesso andamento. Il PIL anticipa la ripresa di un anno rispetto ai consumi: PIL in crescita dal 2014, consumi di energia dal 2015”.

Come ci comportiamo nei settori energivori? “I settori dell’acciaio e del cemento hanno mostrato un miglioramento dell’efficienza energetica fino agli anni 2006-2008, per poi registrare perdite di efficienza molto probabilmente dovute alla capacità produttiva inutilizzata a causa della crisi. Nel lungo periodo quasi tutti i comparti del nostro manifatturiero hanno presentato dei miglioramenti degli indici di efficienza energetica, cioè minori consumi energetici per unità di prodotto, ad eccezione del comparto alimentare, ritornato nel 2014 sugli stessi livelli degli anni Novanta, e della meccanica, i cui consumi specifici sono cresciuti costantemente nell’arco degli ultimi 25 anni”.