Fer sempre più centrali per il Paese: i dati della relazione Mise

I numeri della Relazione sulla situazione energetica nazionale nel 2017, predisposta dalla direzione generale Sicurezza approvvigionamenti e Infrastrutture energetiche del Mise: le fonti rinnovabili (Fer) hanno soddisfatto  il 17,7% dei consumi finali lordi di energia

Nel 2017 l’Italia ha confermato di avere un sistema energetico sostenibile in cui rinnovabili ed efficienza energetica sono centrali, coerentemente con il percorso indicato dalla Strategia energetica nazionale nel novembre scorso. In particolare “le fonti energetiche rinnovabili (Fer) hanno consolidato il proprio ruolo di primo piano nel sistema energetico nazionale confermandosi una componente centrale dello sviluppo sostenibile del Paese, con ricadute occupazionali ed economiche importanti”. Lo evidenzia la Relazione sulla situazione energetica nazionale nel 2017, predisposta dalla direzione generale Sicurezza approvvigionamenti e Infrastrutture energetiche del Mise. Da segnalare nel 2015, ultimi dati disponibili, il fortissimo aumento della spesa per R&S energetica: complessivamente la spesa è aumentata da926 milioni di euro nel 2014 a1.531 milioni nel 2015 (+65%).

FER AL 17,7% DEI CONSUMI FINALI LORDI

Nonostante il venir meno di una parte della generazione idroelettrica, il Mise stima che nel 2017 le Fer abbiano coperto il 17,7% dei consumi finali lordi di energia, il valore più elevato mai registrato e che risulta al di sopra degli obiettivi europei al 2020. Con riferimento al solo settore elettrico, l’incidenza delle Fer sul consumo interno lordo di energia elettrica è stimata pari al 34,2%, in lieve aumento rispetto al 2016 (34,0%). Inoltre nel 2017 le attività legate alla realizzazione e gestione di nuovi impianti Fer hanno generato circa 70.000 unità di lavoro permanenti e 44.000 temporanee.

Si conferma anche il buon livello di efficienza energetica del nostro Paese. L’intensità energetica del PIL si è attestata intorno 106,7 tonnellate equivalenti di petrolio (tep) per milione di euro, con un decremento complessivo pari al 4,9% rispetto al 2013, uno dei valori più bassi dei Paesi dell’area Ocse. Il miglioramento è dovuto ai molti strumenti di promozione adottati (dalle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici al nuovo Conto Termico fino ai Titoli di efficienza energetica) che hanno portato a rilevanti risparmi di energia e, conseguentemente, alla riduzione delle emissioni: complessivamente, nel periodo 2005-2017, si stima che le misure per l’efficienza energetica abbiano permesso il risparmio di 13,4 milioni di tep all’anno di energia primaria e oltre 3,5 miliardi di euro l’anno di mancate importazioni, alleggerendo la bolletta energetica del Paese. Ne è conseguito che negli ultimi anni si è ridotta la dipendenza del nostro Paese dalle fonti di approvvigionamento estere. La quota di fabbisogno energetico nazionale soddisfatta da importazioni nette rimane elevata (pari al 76,5%) ma più bassa di circa 6 punti percentuali rispetto al 2010.

Nel 2017 ha ripreso a crescere, dopo un decennio di riduzione quasi continua, la domanda di energia primaria (+1,5% rispetto al 2016), soddisfatta sempre meno dal petrolio (che comunque rappresenta un terzo del totale), dai combustibili solidi (al 6,1%) e dall’energia elettrica importata (al 4,9%). Cresce invece il contributo del gas (al 36,2%) e si conferma quello delle fonti rinnovabili (pari a poco meno di un quinto). Aumenta anche la domanda finale di energia, cresciuta dell’1,7%, che prosegue la tendenza positiva manifestatasi negli ultimi tre anni: una crescita trainata daagricoltura, bunkeraggi, usi civili e industriali. In controtendenza invece il settore dei trasporti che mostra un lieve decremento.

Permane il divario di costi energetici: il differenziale fra i prezzi dei prodotti energetici in Italia e nell’Unione europea rimane positivo, ma è ripreso il processo di convergenza iniziato qualche anno fa. Si conferma un significativo premio pagato dalle imprese italiane per l’energia elettrica e uno più lieve per il gas acquistato dalle famiglie. Ciò è anche il risultato della maggiore pressione fiscale che nel nostro Paese colpisce i prodotti energetici: nel 2016, ultimo dato disponibile, ogni tep di energia utilizzata era gravato da una imposta di 384 euro, un valore superiore del 64% alla media europea.

RICERCA E SVILUPPO: CRESCONO GLI INVESTIMENTI PER IL SETTORE ENERGIA

Per quanto riguarda la spesa per R&S energetica, oltre all’aumento del settore privato è tornato a crescere anche il settore pubblico, portandosi a 269 milioni, pur non raggiungendo il livello massimo di 279 milioni toccato nel 2013. L’aumento della spesa in R&S del settore privato è in larga parte dovuto al contributo dell’efficienza energetica ed è inoltre giustificato da un incremento importante del numero di nuove imprese (oltre 200). Con riferimento ai centri di spesa, fra il 2012 e il 2015 si osserva un forte aumento del peso della ricerca energetica nelle imprese a controllo privato, più che raddoppiato dal 33% al 68%, mentre al contempo, il peso della ricerca pubblica è più che dimezzato, scendendo dal 38% al 18%. A livello qualitativo, nel 2015 l’efficienza energetica da sola rappresentava oltre il 54% della spesa, un valore più che quadruplicato dal 2007. L’efficienza energetica, le fonti rinnovabili e le tecnologie per la conversione, la trasmissione, la distribuzione e lo stoccaggio di energia rappresentano circa tre quarti della ricerca energetica italiana.

A livello internazionale, nel corso della COP21 di Parigi, l’Italia ha aderito all’iniziativa multilaterale MissionInnovation (MI), che include 22 nazioni (cui si è aggiunta la Commissione europea) e ha l’obiettivo di promuovere l’accelerazione dell’innovazione tecnologica a supporto della transizione energetica attraverso un aumento significativo di fondi pubblici dedicati alla ricerca cleantech. Nel contesto di MI, l’Italiasi è impegnata a raddoppiare il valore del portafoglio delle risorse per la ricerca pubblica in ambito clean energy, da portare, a livello nazionale, dai 222 milioni nel 2013 a 444 milioni nel 2021. Il Mise è stato incaricato dalla presidenza del Consiglio del coordinamento di MI, creando due livelli di governance: il primo con una task force dei Ministeri coinvolti (MAECI, MATTM, MIUR e MEF) e la seconda con una task force “operativa”, rappresentata dai principali organismi di ricerca pubblici, Enea, Cnr, Rse. Vi è stato l’avvio delle attività nazionali afferenti alle 7 sfide tecnologiche di MI, predisponendo programmi di ricerca specifici, anche in relazione alla Strategia Energetica Nazionale, al SET Plan europeo e Horizon 2020, al PNR ed ai principali tavoli istituzionali.