Fotovoltaico organico: le celle vivono di luce diffusa

Il CNR al lavoro su celle-foglie capaci di emulare la fotosintesi

FOTOVOLTAICO ORGANICO: CRESCE LA RESA ENERGETICA

Economiche, camaleontiche, potenzialmente made in Italy, capaci di copiare il segreto della fotosintesi. L’elenco dei pregi delle celle fotovoltaiche chiamate “a colorante organico” è lungo e tende a crescere. Mentre quello dei difetti, che pure esiste, tende a decrescere man mano che la ricerca avanza. Lo spiega Alessandra Sanson, responsabile del Gruppo materiali e processi per applicazioni energetiche di ISTEC –CNR: “La resa energetica, storicamente uno dei punti deboli di questa tecnologia, è ora al 5 nei singoli moduli con prospettive di raggiungere il 10% a breve. Certo siamo ben sotto le prestazioni delle celle fotovoltaiche a silicio cristallino che superano ampiamente il 20%, ma il punto non è la competizione diretta tra le varie filiere. Occorre invece costruire un quadro completo e corretto dei vantaggi di ogni tecnologia. Perché ogni tecnologia va pensata in maniera sinergica e non sostitutiva rispetto alle altre filiere del fotovoltaico. L’obiettivo è costruire un portafoglio di tecnologie adatte ai vari usi”.

LE APPLICAZIONI NEL CAMPO DELLA BUILDING INTEGRATION

Pluralismo tecnologico: questa è la chiave perché per arrivare al traguardo di energia rinnovabile deciso dall’Unione europea e abbracciato dall’Italia. Non un’unica filiera. Ma varie. Ognuna con un suo specifico mercato. E quello di questo tipo di celle a base organica sono gli edifici. Il building integration d’altronde è una delle priorità identificata dalla rete R&I italiana del settore fotovoltaico nel recente piano strategico proposto per rilanciare la catena fotovoltaica italiana, contribuire agli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’energia e il Clima, agevolare a ripresa economica del Paese.

“Anche in questo caso l’obiettivo da raggiungere è sfidante: ormai non si parla più solo di net zero building, edifici a consumo zero, ma di positive building, edifici che producono più energia di quella che consumano”, ricorda Sanson. “E per arrivarci bisogna sfruttare la luce solare in tutti i modi possibili. Il tetto è il più ovvio, finestre, pareti esterne e altri elementi da costruzione sono lo step successivo. Ma si può fare di più. Si può sfruttare la luce solare anche all’interno delle stanze. A questo ben si prestano le celle su cui stiamo lavorando, quelle capaci di utilizzare la luce indiretta”.

CELLE-FOGLIE CHE VIVONO DI LUCE DIFFUSA

Una capacità straordinaria, impensabile fino a pochi anni fa. Queste celle si comportano come le piante: vivono di luce diffusa. E infatti nella descrizione del loro funzionamento spunta la parola “foglie”. “La cella funziona così”, spiega la ricercatrice dell’ISTEC –CNR. “C’è un substrato conduttore, spesso un vetro, su cui si deposita uno strato poroso. Si può usare un semiconduttore inorganico come l’ossido di titanio, utilizzato anche per le vernici delle pareti. Sopra c’è un colorante organico – in uno degli esperimenti più noti è stato usato addirittura il succo di mirtillo – che cattura l’energia luminosa come la clorofilla fa nelle piante. Si ottiene così una cella fotoelettrochimica che porta alla generazione di elettricità esattamente come succede in una foglia: questa cella ne è una specie di replica ingegneristica. E, come le foglie, queste celle sono economiche e facilmente sostituibili”.

Inoltre si può cambiare colore (anche se il meccanismo del colore va calibrato perché ogni sostanza impiegata modifica leggermente la resa) facilitando l’integrazione architettonica del fotovoltaico che in questo modo può essere usato come elemento decorativo. Oppure la cella può essere colorata in modo da adattarsi allo sfondo in maniera camaleontica. Infine si può ottenere un effetto trasparenza molto utile se si pensa di adoperare questa tecnologia sulle finestre.

FOTOVOLTAICO ORGANICO: OCCASIONE PER LA FILIERA ITALIANA

“Un altro importante punto di forza di queste celle è dato dal fatto che i processi di produzione si sposano con la filiera dell’edilizia”, continua Alessandra Sanson. “Questa tecnologia utilizza meccanismi di produzione molto simili a quelli che il sistema italiano conosce molto bene come la serigrafia. Inoltre il processo può essere ulteriormente migliorato rendendolo più flessibile e più economico utilizzando la nuova frontiera della deposizione inkjet, cioè con getto di inchiostro, la stessa usata per le stampanti. Ecco il vantaggio di questa tecnologia: dialoga in modo facile e innovativo con altri pezzi del sistema produttivo – come ad esempio l’industria delle piastrelle che utilizza l’inkjet – permettendo di creare nuove filiere italiane di sviluppo, con potenziale per azioni di simbiosi industriale”.

L’insieme di queste possibilità apre molte possibilità all’interno del ciclo dell’edilizia. Si va dalle vetrate alle tende parasole, dalle facciate alle finestre. E intanto la durata di vita delle celle si allunga: si è arrivati a una certificazione di 10 anni, l’obiettivo è arrivare a 20.