Genova: laboratorio smart

Nata su iniziativa del comune di Genova, e dopo un processo di consultazione del territorio, l’Associazione Genova Smart City è una realtà che conta un’ottantina di soci coinvolti in quello che può essere definito un grande laboratorio di idee che ha l’obiettivo di definire   un progetto complessivo di città intelligente. Tutti gli stakeholders sono rappresentati: le istituzioni; la ricerca con, tra gli altri, l’Università, il Cnr e l’Istituto Italiano di Tecnologia; il mondo dell’imprenditoria, dalle pmi alle imprese grandi come Finmeccanica, Enel e Telecom; e poi associazioni di categorie e realtà della società civile. Un’esperienza di progettazione partecipata che sta ottenendo ottimi risultati. Ne parliamo con Gloria Piaggio, dirigente dei progetti europei del Comune di Genova e coordinatore di Genova Smart City. “Abbiamo elaborato una nostra definizione di smart city – ci spiega – che contiene tutti gli elementi che vorremmo caratterizzassero una città intelligente, ed è questa: la smart city è una città che migliora la qualità della vita, attraverso uno sviluppo economico sostenibile, basato sull’innovazione e la ricerca e guidato dall’ente locale in un processo di pianificazione integrata. Ogni elemento di questa definizione è per noi fondamentale”.

Che tipo di idee e “soluzioni smart” a quelli che sono i problemi di una città avete messo in cantiere?
Nel 2009 abbiamo aderito al Patto dei Sindaci e nel 2010 abbiamo approvato il nostro primo Seap, Piano d’azione per l’energia sostenibile, che individua 80 azioni concrete che dovrebbero essere portate avanti per raggiungere gli obiettivi del protocollo di Kyoto. Ognuna di queste azioni comporta un impatto positivo sul livello delle emissioni di Co2 rilevato nel 2005 e tale impatto viene calcolato e misurato.
Inoltre partecipiamo a bandi di finanziamento europei e internazionali. Siamo l’unica città europea ad aver vinto, in collaborazione con altri partner, tutti e tre i progetti europei 2011 dedicati a Smart Cities and Communities. Abbiamo vinto con i progetti Transform, R2Cities e Celsius. Tutti è tre i progetti sono finanziati dalla Direzione generale Energia della Commissione Europea. Il primo riguarda la pianificazione strategica della smart city soprattutto dal punto di vista energetico; il secondo prevede un intervento di efficientamento energetico, con la riduzione dei consumi energetici del 50% e interessa una parte del complesso residenziale noto come ‘le Lavatrici’ a Pegli, nel ponente genovese; il terzo invece punta a creare una micro-rete di teleriscaldamento, recuperando il gas che si disperde nel passaggio dal gasdotto alla rete di distribuzione cittadina.
Abbiamo poi altri progetti che riguardano tra le altre cose sistemi di piattaforme per dati open; sistemi di promozione dell’utilizzo di motorini elettrici; progetti pilota di illuminazione a led, ad esempio nelle aree del porto antico e dell’acquario; abbiamo elaborato un’iniziativa per la dismissione dei piccoli elettrodomestici. Questi solo per citarne alcuni. A giugno, abbiamo ospitato la Genova smart week e in quel contesto c’è stato un confronto su 21 progetti di intervento.

Quali dovrebbero essere le priorità per una amministrazione che voglia trasformare la propria città in un’ottica smart?
Ci deve essere innanzitutto un impegno da parte della politica. La politica deve decidere se vuole avere un nuovo approccio alle grandi città che, come sappiamo, raccolgono circa il 70% della popolazione europea. La burocrazia, di per sé non tanto votata alla creatività, non può nulla se non c’è il passo fondamentale della volontà politica. La scelta di tipo politico non deve tradursi in una semplice declaratoria ma ad essa devono seguire i necessari passi normativi, ad esempio, a livello di amministrazione locale, con delibere ad hoc. E deve trovare riscontro nel documento unico di programmazione che stabilisce gli obiettivi dei funzionari comunali. Insomma, il dirigente deve essere messo nelle condizioni di modificare determinati processi per renderli più intelligenti. Si parte da lì, dal coinvolgimento degli uffici municipali per poi puntare ad un dialogo con tutti gli attori interessati, aziende, università, società civile. Poi è necessario individuare uno strumento che consenta a tutti gli attori di partecipare al processo. Noi abbiamo creato un’associazione, altre amministrazioni potrebbero scegliere altre soluzioni come ad esempio una fondazione. Per noi questo era lo strumento più semplice e adeguato per coinvolgere in modo concreto e allo stesso tempo avere una visione di lungo periodo.

Come valuta l’attribuzione della delega alle smart cities del sottosegretario allo Sviluppo Economico, Simona Vicari?
Finalmente! Siamo ben lieti e nei prossimi giorni l’assessore alle smart cities del comune, Francesco Oddone, si metterà in contatto con il sottosegretario proprio perché Genova è la città che più di tutte ha portato avanti questo processo e che tra l’altro ha promosso la costituzione dell’Osservatorio smart city dell’Anci. È sicuramente un segnale. Poi – e qui parlo a titolo personale – il segnale deve essere tradotto in cose molto concrete. Il ruolo del governo è fondamentale, non solo per l’input politico, ma perché c’è molto che si può fare dal punto di vista normativo o della semplificazione burocratica, così come a livello di incentivo e sostegno economico, magari con la costituzione di fondi di garanzia che potrebbero sostenere determinati processi. Faccio solo un esempio, quello dell’efficienza energetica, un ambito nel quale le banche sono presenti in una maniera del tutto blanda.

Di Francesco Sellari