Idrogeno, lo scoglio da superare è la nascita della domanda

Oltre al Pnrr l’Italia ha investito nei grandi progetti di interesse europeo. Parla Giulia Monteleone, responsabile laboratorio Accumulo di energia, batterie e tecnologie per la produzione e l’uso dell’idrogeno dell’Enea

L’Enea sta realizzando presso il proprio Centro Ricerche della Casaccia la prima Hydrogen Valley italiana dove sviluppare una filiera nazionale per la produzione, il trasporto, l’accumulo e l’utilizzo di idrogeno, puntando su ricerca, tecnologie, infrastrutture e servizi innovativi. Il progetto nasce con un investimento di 14 milioni di euro (fondi Mission Innovation) per dar vita al primo incubatore tecnologico italiano per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno, in collaborazione con università, istituti di ricerca, associazioni e imprese, con l’obiettivo di favorire la transizione energetica e la decarbonizzazione.

“L’Hydrogen Valley italiana non è finanziata dalla Ricerca di Sistema – chiarisce Giulia Monteleone, responsabile laboratorio Accumulo di energia, batterie e tecnologie per la produzione e l’uso dell’idrogeno dell’Enea – bensì nasce in ambito Mission Innovation, un’iniziativa mondiale a cui hanno aderito 22 Paesi e l’Unione Europea, nata dopo la Cop 21. I Paesi che hanno aderito, tra cui l’Italia, hanno preso l’impegno di raddoppiare i propri investimenti in R&S di tecnologie per la decarbonizzazione. Nella fase iniziale MI prevedeva sette sfide tecnologiche. Successivamente ne è stata aggiunta un’ottava relativa allo sviluppo delle tecnologie per la produzione e l’uso dell’idrogeno clean e green”.

L’Italia punta principalmente sull’idrogeno verde.
”Sì, le linee guida nazionali sull’idrogeno, emanate a novembre 2020, prevedono al 2030 l’istallazione di 5 GW di capacità di elettrolisi per la produzione di idrogeno green; anche il Pnrr punta all’idrogeno verde”.

In un’intervista di qualche tempo fa lei si è soffermata sui progetti Ipcei (Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo) che interessano il nostro Paese. Su quel terreno siamo andati avanti?
“L’Italia ha aderito a questi grandi progetti di interesse europeo raccogliendo le manifestazioni di interesse di numerose aziende italiane. A livello europeo sono già partite le prime due iniziative e altre ne partiranno. Le prime due ‘ondate’ sono relative a progetti che supportano la crescita dell’industria manifatturiera per lo sviluppo delle tecnologie appartenenti alla catena del valore dell’idrogeno (technology), e le applicazioni dell’idrogeno nel settore industriale (industry)”.

Nel “technology” l’Italia è presente con sei proposte progettuali per lo sviluppo delle diverse tecnologie legate alla filiera idrogeno. In particolare due progetti riguardano la realizzazione di Gigafactory per lo sviluppo di elettrolizzatori in Italia. Tutti i progetti dell’ondata technology sono già stati prenotificati a Bruxelles. E la Commissione europea sta facendo adesso le valutazioni di tutte le progettualità europee inserite in questa ondata “technology”, inviando ai diversi Stati membri i commenti ai quali le aziende proponenti risponderanno integrando, ove richiesto, i propri progetti. A giugno si dovrebbe andare a notifica, ovvero ad approvazione e a quel punto possono partire le interlocuzioni dirette tra stati membri e aziende. Con l’ok di Bruxelles il governo può finanziare con aiuti di Stato i progetti approvati”.

L’altro gruppo di iniziative, anche questo già prenotificato, identificato come “industry”, “riguarda lo sviluppo di progetti legati all’applicazione industriale, in particolar modo nei settori “hard to abate”, ossia difficili da decarbonizzare utilizzando solo il vettore elettrico. Sono quei settori che hanno bisogno nei loro processi produttivi di raggiungere temperature molto elevate: ad esempio se si sostituissero gli attuali grandi forni a combustione per la cottura del vetro con forni elettrici non si otterrebbero gli stessi risultati nel prodotto. In questi casi si sostituisce allora il combustibile fossile con un combustibile pulito, che è appunto l’idrogeno”.

Come si possono adeguare le tecnologie esistenti all’uso dell’idrogeno in sostituzione del metano?
“L’esempio del forno è uno dei tanti: bisognerà adeguare i bruciatori, verificare gli aspetti di controllo e sicurezza così come tutta la componentistica”. Peraltro, aggiunge Monteleone, “alcuni di questi settori già utilizzano l’idrogeno, come le raffinerie o alcuni settori dell’industria chimica. Per esempio, in raffineria l’idrogeno si utilizza per il trattamento delle benzine oppure come intermedio per la produzione delle plastiche. Solo che in questi settori ora è utilizzato idrogeno grigio, prodotto dal processo di reforming di combustibili fossili. L’obiettivo è sostituirlo con l’idrogeno verde, prodotto da fonti rinnovabili. Bisogna sviluppare elettrolizzatori su scala del MW fino al GW perché nelle applicazioni industriali servono quantità notevoli di idrogeno”.

L’industria è coinvolta nella ricerca e sviluppo di nuove tecnologie per gli elettrolizzatori?
“Sì, certamente. Sono diverse le strade che si stanno seguendo anche perché esistono diverse tecnologie di elettrolisi. Alcune sono più mature ed anche commerciali, altre sono più indietro. La tecnologia più matura è sicuramente quella alcalina: è più economica e più robusta, ma risponde meno alle variazioni di carico (per questo è meno adatta all’integrazione con la fonte rinnovabile)”.

Un’altra tecnologia “è quella polimerica, ma è più costosa perché utilizza membrane e catalizzatori con metalli preziosi. Ha però delle caratteristiche che non ha l’alcalino: è più flessibile (risponde meglio alle variazioni di carico), produce un idrogeno più puro e consente di raggiungere pressioni più elevate. La tecnologia è meno matura per applicazioni su grandi scale. Si lavora perché questa tecnologia diventi più economica e possa essere sviluppata anche per applicazioni industriali. Infine c’è una tecnologia che è un po’ un ibrido tra le due che viene identificata come AEM (elettrolizzatore con una membrana a scambio anionico). In prospettiva dovrebbe integrare i vantaggi dell’alcalina con quella della polimerica. Potrebbe essere quindi economicamente più vantaggiosa e avere le caratteristiche di un elettrolizzatore a membrana, ovvero quella flessibilità e capacità di andare a pressione”.

Su queste tecnologie, tutte a bassa temperatura, stanno lavorando sia la ricerca che l’industria?
“L’industria cerca di scalare le proprie tecnologie, per portarle da pochi MW a centinaia di MW, per ottenere delle macchine in grado di rispondere alle esigenze del futuro. Dal punto di vista della ricerca si lavora sull’ottimizzazione dei componenti (come ad esempio gli elettrodi o il catalizzatore) con l’obiettivo di migliorare l’efficienza del sistema, per abbassare il costo finale dell’idrogeno prodotto”.

Tuttavia, avverte Monteleone, “lo scoglio da superare è la nascita della domanda di idrogeno. Bisogna lavorare perché domanda e offerta vadano avanti in parallelo. Altrimenti l’industria manifatturiera non viene trainata. La tecnologia esiste, per molti aspetti è matura, ma potrà subire una vera accelerazione solo nel momento in cui ci sarà realmente una domanda di idrogeno. Anche i settori industriali più interessati, quali quelli “hard to abate”, prima di decidere di sostituire le attuali tecnologie con quelle adeguate per l’utilizzo dell’idrogeno, devono poter avere la garanzia che l’idrogeno venga a costare quanto il combustibile fossile”.

A giudizio di Monteleone, “non si tratta quindi solamente di sviluppo tecnologico, sarà necessario sviluppare politiche incentivanti, politiche regolatorie, politiche autorizzative e di sicurezza. Ad oggi non sono ancora stati chiariti gli aspetti normativi che consentiranno di utilizzare l’idrogeno. A partire dalla definizione delle linee guida, un’attività che come Enea stiamo portando avanti con gli enti normatori”.

I finanziamenti assegnati all’idrogeno saranno in grado di attivare una filiera?
“L’Italia sta impegnando parecchi finanziamenti. Ai progetti Ipcei delle prime due “ondate” sono stati assegnati fondi per un valore di circa 8 miliardi di euro. Il Pnrr sta mettendo in campo numerose iniziative, sia per favorire la nascita di Gigafactory nelle aree industriali dismesse sia per progetti indirizzati al settore “hard to abate”, la ceramica, il vetro, i cementifici, le cartiere, le acciaierie. Con finanziamenti per circa 2 miliardi di euro. Poi ci sono oltre 160 milioni di euro per la ricerca, di cui 110 in modalità Accordo di programma con Enea, Cnr e Rse e 50 a sostegno dei nuovi bandi per la realizzazione di progetti per la produzione di idrogeno verde pulito e tecnologie innovative per lo stoccaggio, il trasporto e gli usi finali”.