Il presidio di Rse nella filiera geotermica

Le potenzialità della geotermia legate alla predisposizione  del territorio italiano. Parlano Nunzia Bernardo e Francesca Colucci

La geotermia può assumere un ruolo chiave per il nostro Paese, essendo una fonte inesauribile, rinnovabile e programmabile, con potenzialità enormi valorizzabili sia in termini di generazione elettrica sia per usi termici diretti. Punto di forza rispetto a eolico e fotovoltaico, è la programmabilità che consente di fornire un bilanciamento energetico in funzione delle esigenze della domanda energetica.
“Il tema della geotermia, pur non rientrando negli ultimi piani triennali della Ricerca di Sistema con progetti specifici, è trattato da decenni nei programmi di RSE, che ha mantenuto un presidio con le sue attività di ricerca coprendo l’intera filiera geotermica, dall’alta e media entalpia fino alla bassa-bassissima entalpia”. Parla Nunzia Bernardo, geologa dell’Unità Sviluppo Sostenibile e Fonti Energetiche – SFE di Rse. Le ricerche sul tema della geotermia – continua Nunzia Bernardo – vengono svolte nei seguenti progetti di RdS: il progetto Tecnologie di accumulo elettrochimico e termico in cui vengono analizzati il recupero di materie prime da fluidi geotermici e i sistemi Ates (Advanced Thermal Energy Storage) per lo stoccaggio termico; il progetto Efficienza Energetica dell’Industria, in cui analizziamo la fattibilità geologica di sistemi geotermici a circuito chiuso con tecniche innovative di perforazioni dei pozzi; il progetto Energia da rinnovabili e integrazione nel territorio, in cui analizziamo le potenzialità della geotermia a bassa entalpia per il territorio italiano e, infine, il progetto Utente al centro della transizione energetica, in cui osserviamo come la geotermia a bassa entalpia s’integra nel mix energetico delle Cer.

“Nel 2019 abbiamo dato inizio a questo approccio un po’ più ‘minerario’ verso la geotermia, con l’analisi dei fluidi geotermici per il recupero di materie prime strategiche”. Le brine geotermiche, spiega, sono acque calde ricche in sali (dal cloruro di sodio a solfati, magnesio e litio sotto forma di cloruro, solfato o carbonato disciolto nell’acqua). In genere si trovano in aree in cui è presente un’anomalia geotermica positiva (come le aree vulcaniche): l’arricchimento in minerali è un processo geochimico naturale che avviene in quanto il fluido caldo percola in profondità per milioni di anni e, a contatto con la roccia serbatoio che ha una sua composizione chimica, liscivia e si arricchisce di determinati minerali.
“L’obiettivo della ricerca di Rse è individuare il chimismo associato a questi fluidi sul territorio italiano, per poter mappare il potenziale e supportare una diversificazione degli approvvigionamenti italiani di minerali strategici, come il litio, ma anche di altri minerali come cobalto, zirconio, manganese, magnesio, materiali di cui si prevede una domanda in crescita esponenziale perché fondamentali nelle tecnologie per la transizione energetica. Il processo di recupero di questi fluidi portati in superficie è previsto a valle, o come prodotto-sottoprodotto della produzione di energia elettrica, e quindi si inquadra in un’ottica di approvvigionamento sostenibile di materie prime”.

Al momento, aggiunge Bernardo, “l’analisi sulle materie prime si è concentrata sulle aree di interesse geotermico a livello nazionale, ovvero quali siti possono avere delle temperature o delle strutture chiamate reservoir geotermici tali da poter contenere fluidi di interesse dal punto di vista minerario”.
Nell’ambito della Ricerca di Sistema, le attività che verranno eseguite nel triennio di ricerca in corso prevedono “di analizzare sperimentalmente i fluidi geotermici e di conoscere le loro potenzialità a determinate temperature e la composizione chimica prevalente per diversi settori italiani. Essendo in una fase preliminare di indagine, per il momento la nostra ricerca sarà condotta a livello nazionale”.
A livello mondiale questa attività “si sta diffondendo rapidamente e sta assumendo un ruolo importante nel settore minerario tant’è che molte compagnie, tradizionalmente minerarie, si stanno attivando per avviare questa modalità sostenibile di recupero di materie prime”.

Partendo dalle comunità energetiche che prospettive ci sono per la geotermia?
“Come per l’idroelettrico, la geotermia ha una caratteristica che è la programmabilità, a cui si aggiungono benefici di tipo ambientale (riduzioni di emissioni di CO2 e di utilizzo di suolo per le installazioni) e socioeconomico (occupazionali e di risparmio energetico)”. Nel mix energetico delle Cer “la geotermia può consentire di gestire domanda e offerta di energia anche nel momento in cui solare o eolico vengono meno per le condizioni meteo-climatiche. Il discorso vale sia per le applicazioni a bassa entalpia per la produzione di energia elettrica, sia per quelle a media e alta entalpia in grado di generare energia elettrica e termica”.

Il nostro obiettivo, precisa Bernardo, “deve comunque essere ben definito. Se intendiamo effettuare uno studio di fattibilità geologica per la produzione di energia elettrica il target è diverso: per la bassa entalpia fino a 150/200 metri al massimo 400 metri di profondità, per l’alta entalpia arriviamo anche a chilometri di profondità, varia in funzione del target di temperature che vogliamo raggiungere affinché il progetto geotermico per la produzione elettrica sia sostenibile nel tempo”. Certo, “serve una campagna d’indagine geologica specifica, ma la geotermia ha potenzialità elevate a livello territoriale italiano”.
Quali sono le prospettive della geotermia sul territorio italiano? Esiste la possibilità di sviluppare ulteriormente questa forma di produzione da fonte rinnovabile? In Toscana il bacino geotermico dell’Amiata e Larderello già oggi fornisce il 30% del consumo energetico regionale.

Dice Francesca Colucci, geologa del dipartimento Sviluppo sostenibile e Fonti Energetiche – SFE di Rse, che “la bassa entalpia è molto diffusa sul territorio mentre per quanto riguarda la media e l’alta entalpia bisogna individuare aree geotermicamente idonee e c’è margine per sviluppare nuovi progetti. Come Rse abbiamo realizzato la zonazione geotermica del territorio italiano, una mappa nazionale che, in funzione delle caratteristiche geologiche e della temperatura del sottosuolo, fornisce una prima stima delle aree che potrebbero essere utilizzate per l’alta e la media entalpia”.

In aggiunta, “per le aree con temperature maggiori o uguali a 120 gradi entro i 3.000 m di profondità abbiamo stimato la producibilità geotermoelettrica. Partendo dalle analisi eseguite sull’intero territorio nazionale sono state individuate alcune aree potenzialmente idonee allo sfruttamento geotermico. Per tali aree abbiamo sviluppato specifiche analisi modellistiche finalizzate a indagare la fattibilità geologica di progetti geotermici, anche innovativi”.

In particolare, aggiunge Colucci, “ci siamo concentrati sulla geotermia di terzo tipo, che ha potenzialità notevoli in quanto non essendo necessaria la presenza di un serbatoio geotermico tradizionale, stile Larderello, potenzialmente possono risultare idonee anche le aree non sfruttabili con i metodi tradizionali. L’impiego di sistemi non convenzionali prevede l’utilizzo di perforazioni verticali e orizzontali collegate tra di loro, realizzando così dei sistemi a circuito chiuso nei quali il fluido di processo che viene fatto circolare all’interno dei pozzi si riscalda in profondità senza venire a contatto diretto con le formazioni geologiche profonde. Si realizza uno scambio termico: iIl fluido viene riscaldato, torna in superficie a una temperatura maggiore e può essere utilizzato per la produzione elettrica o per gli usi termici diretti. Tali sistemi possono incrementare notevolmente le potenzialità di producibilità geotermica e, inoltre, hanno interessanti benefici che riguardano la possibilità di non dover impiegare pozzi di iniezione. Limitando così il rischio della sismicità indotta ed eliminando lo scarico in atmosfera dei gas non condensabili e della CO2”.

Peraltro, aggiunge Bernardo, “con l’utilizzo di un fluido di processo con composizione chimica nota e che si riscalda facilmente, vengono meno anche tutti i problemi di incrostazione dei pozzi”.
Bernardo e Colucci ritengono che ci sia ancora molta ricerca da fare perché si tratta di sistemi innovativi. “Sicuramente – precisano – un quadro normativo incentivante potrebbe facilitare la ricerca e l’integrazione di questi sistemi, e in generale i progetti geotermici nel territorio per renderli sostenibili dal punto di vista economico, oltre che ambientale”.
La geotermia ha avuto un rallentamento negli ultimi anni rispetto alle altre fonti rinnovabili perché “presenta dei costi di investimento molto elevati, in quanto si tratta di un’attività con un rischio minerario associato. I costi per le perforazioni e per la campagna di analisi geologica prevista prima della realizzazione del progetto bloccano soprattutto le piccole aziende che non possono affrontare un finanziamento così elevato”.

Foto: Parchi Geotermici e Idrotermali in Maremma. Fonte