Il riciclo dei materiali dalle batterie esauste

Intervista a Francesco Vellucci di Enea.

Le esigenze di decarbonizzazione del settore energetico determineranno nel futuro a breve e medio termine un notevole aumento della domanda di batterie, a cui l’Europa intende rispondere con la costruzione di una propria capacità produttiva che si esplicherà nella realizzazione di gigafabbriche. Ne conseguirà un aumento della necessità di materie prime per la fabbricazione di batterie, materiali che, a causa della loro distribuzione geografica e/o delle tecniche di estrazione/lavorazione, risultano critici e strategici. D’altra parte, l’uso intensivo dell’elettronica e la transizione mondiale verso la mobilità elettrica determinerà il bisogno di smaltire un gran numero di batterie: si stima che 1 milione di veicoli elettrici equivale a circa 500.000 tonnellate di batterie da smaltire.

Per Francesco Vellucci, del Laboratorio Sistemi e Tecnologie per la Mobilità Sostenibile dell’Enea nonché referente nazionale per il settore batterie nell’ambito del SET-Plan, questo insieme di fattori determina l’urgenza di aumentare drasticamente la capacità di riciclo delle batterie esauste. “Tramite numerose iniziative, di cui la European Battery Alliance è la punta di diamante, l’Europa si sta muovendo secondo tre direttrici. Da un lato, la valorizzazione delle risorse locali come, ad esempio, l’estrazione del litio da salamoie geotermiche che sono presenti soprattutto nei Paesi del Nord Europa, ma anche l’Italia non ne è priva. Dall’altro lato, la roadmap di ricerca e sviluppo delle nuove batterie prevede la progressiva riduzione di materiali strategici: ad esempio, per la tecnologia nickel manganese cobalto (NMC) – una delle chimiche più utilizzate nelle batterie al litio per le auto elettriche – è prevista una forte riduzione della quantità di cobalto a favore di una quota superiore di nickel. “Last but not least”, la terza e più importante direttrice è indubbiamente quella del riciclo dei materiali dalle batterie esauste, giunte a fine vita, possibilmente dopo il riuso in una seconda applicazione”.

Per quanto riguarda la prima direttrice, spiega Vellucci, “la maggior parte del litio viene attualmente recuperata dalle salamoie nel cosiddetto “triangolo del litio”, situato in Sud America. Ad oggi, per estrarre il litio dalle acque salate (appunto salamoie) dei laghi sotterranei si utilizza prevalentemente un processo convenzionale basato sull’evaporazione naturale. E’ un processo che richiede una quantità di tempo, di spazio e di rifiuti solidi prodotti tale da non rendere economicamente conveniente la sua applicazione in Europa, penalizzata anche da fattori climatici”. Tuttavia “si stanno sviluppando processi di estrazione diretta che risultano più versatili rispetto al processo convenzionale: ciò comporta che il litio possa essere estratto da molti tipi di salamoie in varie condizioni climatiche. Poiché in Europa sono disponibili diverse salamoie geotermiche e petrolifere, l’uso di questi processi consente di prevedere un loro possibile sfruttamento che potrebbe contribuire a ridurre la dipendenza dai Paesi extra europei per l’approvvigionamento del litio. Studi per migliorare questi nuovi processi sono necessari, come anche la valutazione delle concentrazioni di litio nei siti geotermici esistenti. Francia, Italia, Germania e Belgio sono Paesi candidati ad avere buone prospettive. La presenza di litio nelle rocce in Europa aiuta anche ad aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento dell’Unione Europea”.

Dall’altro lato, come abbiamo detto, c’è la roadmap di ricerca e sviluppo delle nuove batterie, la seconda direttrice. La tecnologia NMC, una delle più utilizzate per la realizzazione del polo positivo delle batterie al litio delle auto elettriche, “impiega il cobalto, che si colloca come materia prima critica a causa della elevata tossicità, della scarsa disponibilità a livello geografico, di una catena di approvvigionamento discutibile o non etica che vede spesso il coinvolgimento di minori nei processi di estrazione”. Questi fattori “spingono la ricerca verso batterie cobalt-free. Infatti, le roadmap di sviluppo tecnologico di questa tecnologia prevedono una forte riduzione della quantità di cobalto a favore di una quota superiore di nickel. Si è passati da tecnologie che impiegano parti uguali di nickel, manganese e cobalto NMC333 alle tecnologie attuali NMC523 ed NMC622 che contengono il cobalto in misura minore, sino a tendere nel breve termine alle NMC811 che ne sono quasi esenti”.

Infine “la terza e più importante direttrice è indubbiamente quella del riciclo dei materiali dalle batterie esauste, giunte a fine vita (possibilmente dopo il riuso in una seconda applicazione)”. Per mitigare il rischio di approvvigionamento delle materie prime, ma anche per contribuire al raggiungimento dei target ambientali di decarbonizzazione, precisa Vellucci, “l’Europa ambisce a ottenere il primo posto nel riciclo di materie prime per batterie al litio: tutte le materie prime critiche importate o installate in batterie in Europa verranno raccolte e lavorate (in Europa stessa) per recuperare i materiali”.

A dare impulso a questa strategia contribuirà “il nuovo Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sulle batterie ed i rifiuti di batterie, che abrogherà la Direttiva 2006/66/EC attualmente in vigore. Il Regolamento stabilisce requisiti in materia di sostenibilità, sicurezza, etichettatura e informazioni per consentire l’immissione sul mercato o la messa in servizio delle batterie, nonché i requisiti per la raccolta, il trattamento e il riciclo delle batterie esauste”. Infatti, il prossimo Regolamento sulle batterie fisserà obiettivi per la raccolta delle batterie esauste e l’efficienza di recupero, sia a livello globale che di singoli materiali, nei processi di riciclo.

Per avere un’idea, si può far riferimento al documento “Strategic Research Agenda for batteries” rilasciato da Batteries Europe, la piattaforma tecnologica e di innovazione della European Battery Alliance, che “già propone dei target in via preliminare. Ad esempio, per le batterie portatili è stato proposto un obiettivo di raccolta che, entro il 2030, dovrà aumentare dall’attuale 45% al 65%. Per le batterie industriali (comprese le batterie dei veicoli elettrici) il target di raccolta è fissato al 100%, nel senso che l’unica opzione di fine vita delle batterie industriali (dopo un possibile secondo utilizzo) è il riciclo”. Sempre con riferimento al 2030, l’efficienza globale del processo di riciclo delle batterie al litio dovrà essere superiore al 60% mentre a riguardo del singolo materiale il livello di recupero dovrà essere pari al 95% per rame, cobalto e nickel, 70% per il litio.

Il nuovo Regolamento sulle batterie ribadirà (eventualmente modificandoli) i suddetti obiettivi per un processo di riciclo efficiente e sostenibile. Oltre questo, imporrà che, per ogni modello e lotto di produzione, le batterie industriali e le batterie per veicoli elettrici contenenti cobalto, piombo, litio o nickel tra i materiali attivi, dovranno possedere questi materiali secondo una ben determinata quota minima derivante dal processo di recupero.

“La ricerca e l’industria – prosegue Vellucci – si stanno adoperando per mettere a punto tecniche e processi di riciclo sempre più prestanti ed efficienti. La stessa progettazione delle nuove batterie è oggi concepita per facilitare lo smontaggio, possibilmente automatizzato, delle batterie e favorire la loro riciclabilità”.

In questo contesto, i Paesi del Nord Europa (ad esempio Svezia, Norvegia, Finlandia) sono molto attivi. “In Germania, la Volkswagen ha avviato a Salzgitter un impianto pilota per riciclare le batterie al litio dei veicoli elettrici con processo idrometallurgico. Anche l’Italia possiede notevole capacità nel settore: il CNR in collaborazione con COBAT ha sviluppato e brevettato un innovativo processo di tipo idrometallurgico per il trattamento delle batterie al litio, l’Enea ha realizzato nel Centro Ricerche Casaccia l’impianto dimostrativo ROMEO (Recovery Of MEtals by hydrOmetallurgy) dedicato al recupero e alla separazione di materiali da matrici complesse per via idrometallurgica”.

Infine, conclude Vellucci, “c’è molta attesa riguardo ai due importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI) sulle batterie, che vedono la partecipazione di molte organizzazioni nazionali, provenienti sia dal settore industriale che da quello della ricerca: questi progetti interessano tutta la catena del valore delle batterie ivi includendo, quindi, il riciclo come elemento di chiusura dell’anello che parte dalle materie prime impiegate per la produzione e giunge fino all’uso e riuso delle batterie, per terminare con il recupero dei materiali che vengono reinseriti all’inizio del ciclo, chiudendo così la catena del valore secondo il principio dell’economia circolare e della sostenibilità”.