L’energia aspetta il suo Cluster tecnologico nazionale

Ad inizio maggio è stato presentato il Programma nazionale della ricerca 2015-2020 elaborato dal Miur (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), uno strumento di indirizzo e definizione a medio termine degli obiettivi della ricerca italiana che prevede anche lo stanziamento di circa 2,5 miliardi nel primo triennio. Con l’aiuto di esperti ENEA, CNR e RSE vogliamo cercare di capire come possa incidere sul comparto energia. “Il Programma nazionale per la ricerca si inserisce a pieno nel solco tracciato a livello comunitario dal programma Horizon 2020 e dal Set Plan, il piano per le tecnologie energetiche strategiche”, ci dice Mario Conte, del Dipartimento Tecnologie Energetiche dell’ENEA. Tra le misure previste, nell’ottica del trasferimento tecnologico, il PNR punta molto sui cluster tecnologici nazionali. Ne sono previsti quattro nuovi che si andranno ad aggiungere agli otto già avviati, per un totale di dodici aree di specializzazione: Blue Growth, Design creatività – Made in Italy, Energia, Cultural Heritage.
“In realtà – spiega Conte – Si sta riproponendo un progetto già avanzato nel 2012. L’idea di fondo è simile: il cluster come strumento di coordinamento dei vari attori della ricerca e dello sviluppo industriale. Giudico favorevolmente il fatto che il processo si stia riavviando. È chiaro che rispetto a 4 anni fa il contesto è totalmente cambiato, basti pensare al fatto che l’Italia in alcuni campi ha già raggiunto gli obbiettivi 2020, come il 17% per cento dei consumi lordi di energia con le fonti rinnovabili”.

“La previsione del cluster sull’energia è una novità importante – aggiunge Claudio Bertoli, responsabile scientifico della Ricerca di Sistema Elettrico per il CNR – Il ‘sistema Italia’ ha bisogno di questo cluster, ne ha bisogno perché, come è noto, il nostro paese ha fatto un fortissimo investimento sulle rinnovabili. È logico a questo punto fare una pausa di riflessione. Il cluster è una operazione di razionalizzazione e quindi deve individuare le priorità tecnologiche sulle quali intervenire. Io ne indico tre: accumulo, risparmio energetico e integrazione tra i sottosistemi urbani nell’ottica della cosiddetta smart city”. Controindicazioni? “Di solito questi progetti di tipo strategico hanno un iter troppo lungo sia nella gestazione sia nell’articolazione pratica. Una semplificazione e una riduzione delle tempistiche è fondamentale”.

Stefano Besseghini, presidente di RSE, Ricerca sul Sistema Energetico, nonché membro del Cluster energia della Regione Lombardia rileva un’altra criticità: “È certamente importante identificare una struttura leggera di contatto tra mondo della ricerca e industria per affidarle il compito di coltivare questa contaminazione in maniera continuativa. Sembra però che il cluster, così come definito dal PNR, abbia solo il compito di identificare le cosiddette ‘road map tecnologiche’. Non si capisce effettivamente dove si inserirebbe il cluster nella catena della governance operativa. Non voglio dire che necessariamente il cluster debba gestire dei fondi ma dovrebbe avere delle funzioni meglio identificabili dai soggetti esterni. Altrimenti rischia di diventare soltanto uno strumento consultivo-culturale. Le esperienze che davvero funzionano, anche in altri paesi europei, sono quelle dove il cluster ha funzioni precise come ad esempio quella di screening dei progetti presentati per evitare duplicazioni tra i progetti, coinvolgere altre cordate di imprese o enti di ricerca, fare un’attività di supporto a chi deve presentare un progetto per far sì che quei progetti siano in linea con le road map tecnologiche”.

Altro aspetto che sottolinea Besseghini è l’inserimento dell’energia tra le aree di specializzazione “consolidate”. Le 12 aree strategiche individuate dal PNR sono in effetti suddivise tra “prioritarie” (Aerospazio, Agrifood, Fabbrica intelligente, Salute); “ad alto potenziale” (Blue Growth, Chimica verde, Design creatività – Made in Italy, Cultural Heritage); “in transizione” (Smart Communities, Tecnologie per gli ambienti di vita); “consolidate” (Energia, Mobilità e trasporti). “L’energia sta vivendo una rivoluzione tra le più significative – conclude –  La stessa Energy Union dà una enfasi particolare all’innovazione in campo energetico. Qui, invece, sembra che l’energia venga confinata ‘semplicemente’ alla gestione di ciò che è già definito”.

Di Francesco Sellari