Lo storage: sempre più fondamentale per stabilizzare rete elettrica

Come bilanciare l’incremento delle fonti rinnovabili nel mix energetico. Le priorità della ricerca Enea sullo storage. Intervista a Gian Piero Celata.

COVID19: UN BALZO DI 8 ANNI PER IL SISTEMA ELETTRICO

Il sistema elettrico ha subìto un forte cambiamento durante questi primi mesi di crisi determinata da Covid-19. La quota di rinnovabili è aumentata e il sistema è stato proiettato in avanti di circa 8 anni (negli scenari previsti dal governo) a causa del crollo della domanda che ha fatto aumentare la quota di rinnovabili nel mix elettrico. Come emerge dall’analisi trimestrale dell’Enea nei primi tre mesi dell’anno abbiamo assistito a una diminuzione del 7% rispetto al 2019 dei consumi di energia primaria e finale, con un picco del -15% per il solo mese di marzo mentre secondo i dati Terna la domanda elettrica è crollata di oltre il 17% in aprile rispetto all’aprile 2019. Nel secondo trimestre Enea stima un possibile calo della domanda di energia del 20% e di ben oltre il 10% per l’intero semestre. Inoltre le emissioni di CO2 hanno segnato una drastica diminuzione (-10% circa) con la previsione di un -15% nel semestre.

RINNOVABILI PIÙ RESILIENTI

Di fronte a questo quadro Gian Piero Celata, direttore del Dipartimento Tecnologie energetiche di Enea, non si mostra stupito: la riduzione della domanda ha impattato sulle fonti fossili portando, nel contempo, “a un incremento (+1,5%) della quota di rinnovabili nel mix elettrico nel primo trimestre del 2020, rispetto allo stesso trimestre 2019, grazie anche all’entrata in produzione di alcuni progetti/impianti solari ed eolici messi in esercizio nell’ultimo anno e alla priorità di dispacciamento assegnata alle fonti rinnovabili”. Le Fer hanno mostrato, “grazie anche al vantaggio competitivo dato dai minori costi operativi, una maggiore resilienza alla crisi da domanda rispetto alle fonti fossili”.

I MAGGIORI RISCHI PER LA STABILITÀ

Tra gli effetti poco visibili di questo balzo delle Fer, evidenzia Celata, emergono “i maggiori rischi per la stabilità, l’affidabilità e la sicurezza delle reti. Rischi che attualmente vengono compensati utilizzando gli impianti termoelettrici tradizionali, prevalentemente cicli combinati a gas, in grado di coprire le criticità delle Fer”. In prospettiva, se teniamo ferme le indicazioni del Pniec, caratterizzate da elevati livelli di penetrazione delle rinnovabili, “vanno previsti mezzi alternativi, in grado di bilanciare le variazioni delle Fer, che non possono essere basati sulle fonti fossili. E su questo già oggi sono allo studio molteplici innovazioni su cui puntare”.

STORAGE GIÀ AVANAZATO, RIMANE PROBLEMA COSTI

Innanzitutto “i sistemi di accumulo elettrochimico, potenzialmente già in grado di supportare l’integrazione di maggiori quantità di energia da fonti rinnovabili nelle reti elettriche”. Tra le criticità, Celata indica “il costo ancora troppo elevato per garantirne la sostenibilità economica; inoltre questi sistemi risultano voluminosi e con problemi per il loro smaltimento”. Si tratta comunque di un sistema buono per bilanciare la rete elettrica, tanto è vero che “lo storage lab di Terna, dopo una caratterizzazione delle possibili batterie da utilizzare fatta da Enea, Cnr, Cesi e Rse, sta testando batterie al litio”.

LA SFIDA DELLA “GESTIONE ATTIVA” DELLE RINNOVABILI

L’integrazione di energia da Fer nelle reti pone una difficoltà di “gestione attiva” di queste fonti, molte delle quali per loro natura non programmabili. Tuttavia, per il direttore Enea, “l’introduzione di sistemi avanzati di monitoraggio e gestione coordinata delle risorse potrebbe consentire una gestione attiva delle reti mediante la combinazione ottimizzata delle risorse stesse”.

Per esempio, “in corrispondenza di picchi della produzione da Fer, il sistema di controllo potrebbe abilitare l’instradamento della sovrapproduzione da rinnovabile verso sistemi in grado di assorbire il surplus quali i carichi industriali controllabili, come nei cementifici o nelle acciaierie, i veicoli elettrici collegati alla rete, gli elettrolizzatori per la produzione di idrogeno”. In questa maniera la produzione da Fer “non verrebbe interrotta, al contrario di quanto accade attualmente con gli impianti eolici, ma potrebbe continuare a essere utilizzata senza compromettere la stabilità della rete”.

Lo storage elettrochimico risulta al momento “una tecnologia adatta, sufficiente e necessaria per la gestione della rete elettrica”, in grado di governare al meglio la maggiore produzione di elettricità da Fer, i carichi di picco (peak shaving), l’accumulo a breve termine e la fornitura di servizi ancillari alla rete.

IDROGENO: LE PROSPETTIVE DEL POWER-TO-GAS

In prospettiva, in attesa dell’ottimizzazione della relativa tecnologia, a giudizio del direttore Enea, anche ai fini di uno storage stagionale, un ruolo importante assumerà “il power-to-gas, ovvero l’opportunità di impiegare l’energia elettrica in eccesso generata da Fer per produrre idrogeno per elettrolisi dell’acqua”.

Tra le caratteristiche dell’idrogeno, “quella di poter essere utilizzato direttamente se prodotto in prossimità di distretto industriale e successivamente immesso in piccole percentuali nella rete gas, oppure quella di venir stoccato e trasportato per altri usi”. Ma si può pensare anche alla “possibilità di produrre metano, partendo dall’idrogeno prodotto e da CO2 accumulata in altri processi, quali ad esempio da biometano da biomasse associato o catturata in altri processi”. Biometano che, “con un impatto minore rispetto al metano, a sua volta può essere immesso in rete o accumulato in serbatoi e usato sia per autotrazione sia per ulteriore generazione di potenza”.

In una logica di elettrificazione spinta, come indica il Pniec, e a differenza della vecchia strategia contenuta nella Sen che puntava al gas, l’energia elettrica prodotta attraverso la tecnologia power-to-gas sarà in grado di attivare dalle pompe di calore per riscaldamento e raffrescamento ai piani di induzione per la cottura di cibo, alla produzione di acqua calda sanitaria.

LE TECNOLOGIE DI PUNTA PER LO STORAGE

Quanto, infine, alla ricerca italiana sui sistemi di accumulo, “Enea lavora da anni nel settore dello sviluppo di batterie, sia per l’autotrazione che per applicazioni stazionarie, attraverso progetti europei e nazionali, e nell’ambito della Ricerca di Sistema Elettrico”.

Tra le tecnologie di punta, Celata indica le batterie al litio-ione, con sostituzione della grafite come anodo con silicio. Ma Enea sta lavorando anche sulle batterie sodio-ione, tecnologia simile alle litio-ione, perché “l’elevata diffusione del sodio (quarto elemento al mondo in termini di presenza sulla crosta terrestre e primo tra i metalli alcalini) rende questo materiale molto economico e quindi molto appetibile, specie per le applicazioni stazionarie, ovvero per le reti energetiche”.

Un’altra interessante opportunità è rappresentata dalle batterie litio-zolfo, “materiale poco costoso, ampiamente disponibile e con un’elevata capacità specifica. La realizzazione di batterie di questo tipo presenta ancora qualche problema per cui ci aspettiamo che arriveranno in ritardo sul mercato”.