L’utente al centro della transizione energetica: consumo consapevole, modifica delle abitudini, maggiore efficienza dei processi. Le tecnologie come strumento per affrancarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili ma anche dai materiali critici. L’attenzione al nucleare, soprattutto alla fusione, che permetterà di completare il processo di neutralità carbonica previsto entro il 2050

L’ingegner Maurizio Delfanti è dal 2019 amministratore delegato di RSE, società per azioni interamente controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, da sempre impegnata nell’analisi, studio e ricerca applicata all’intero settore energetico. L’ingegner Delfanti ha risposto ad alcune domande di RES Magazine sull’importanza della Ricerca di Sistema e sul contributo di RSE agli obiettivi definiti nel nuovo programma 2022-2024

Si è appena concluso il programma Ricerca di Sistema 2019-2021 ed è stato pubblicato il programma del triennio 2022-2024. Quali a suo giudizio i risultati più significativi raggiunti nel programma concluso? Quali gli elementi di continuità con il nuovo programma? Quali le novità?

È difficile sintetizzare in poche parole l’attività di un triennio di Ricerca di sistema. Nello scorso mese di giugno abbiamo organizzato, insieme agli altri stakeholder della Ricerca di sistema, un evento pubblico di presentazione dei risultati raggiunti. I temi affrontati sono stati molteplici, ne cito solo un paio: l’attività modellistica a supporto della pianificazione energetica nazionale, e le analisi condotte a supporto delle comunità energetiche rinnovabili e per l’autoconsumo collettivo, attraverso le quali i cittadini possono difendersi dalla crisi dei prezzi in atto, catturando allo stesso tempo i benefici della transizione energetica e di una produzione più sostenibile e rinnovabile. Vorrei sottolineare anche le ricerche sperimentali e teoriche sulla mobilità elettrica: in questo caso siamo passati da un ambito prettamente tecnologico, come l’interazione con la rete elettrica, ad uno ambientale, legato per esempio alla qualità dell’aria. Significative anche le attività condotte per combattere la vulnerabilità delle reti elettriche di distribuzione e potenziare la loro resilienza. Un tema complesso questo, che ci ha visto interagire con molteplici attori: con il regolatore, con i distributori locali e il trasmettitore Terna, ma anche con i produttori di attrezzature, con le università e con gli Enti normatori. Si tratta di temi importanti, la cui attualità è testimoniata dall’evoluzione successiva del triennio in cui siamo appena entrati, nl quale ci sono tanti elementi di continuità ma anche alcune significative novità, prima tra tutte la cybersecurity, alla quale è riservato un progetto integrato nel nuovo programma triennale.

La Decarbonizzazione e digitalizzazione delle reti sono gli assi portanti della nuova programmazione. Quali sono a suo avviso le tecnologie più promettenti per accelerare la transizione energetica? Fotovoltaico, Idrogeno, sistemi di accumulo, evoluzione della rete di distribuzione, cos’altro?

Per affrontare la transizione energetica occorre un ampio ventaglio di tecnologie. Nell’ambito della Ricerca di Sistema RSE ha svolto nell’ultimo triennio una attività molto intensa su questi temi, approfondendo le tecnologie di produzione ma anche, per esempio, l’opportunità di accomodare le fonti energetiche rinnovabili e non programmabili all’interno del sistema energetico in senso più ampio. La prima forma di risparmio si ottiene però con l’efficienza energetica, ed anche su questo tema abbiamo svolto una intensa attività di ricerca, sia sul fronte dei consumi domestici che su quello dei consumi industriali, per i quali nonostante le azioni svolte negli ultimi anni rimangono ancora ampi spazi di efficientamento che è opportuno esplorare. Va poi sottolineato che non esistono soltanto le fonti rinnovabili non programmabili – solare, fotovoltaico, eolico, che hanno raggiunto ormai costi così ridotti da rendere possibile una loro diffusione di massa – ma anche fonti rinnovabili programmabili, come l’idroelettrico, le biomasse, la geotermia, che hanno maggiori costi ma presentano per il sistema nel suo complesso dei vantaggi. I sistemi di accumulo per esempio, che sono indispensabili per ospitare le rinnovabili, trarrebbero giovamento, in termini di costi, dall’avere accanto alle rinnovabili non programmabili anche altre fonti di energia, ugualmente rinnovabili ma che presentano vantaggi in termini di programmabilità. Su tutte queste tecnologie c’è ancora la necessità di una intensa attività di ricerca ed innovazione: per migliorare l’affidabilità delle energie rinnovabili, per facilitarne l’installazione, per aumentare la produttività per ettaro nel caso del fotovoltaico; ma occorre approfondire la ricerca anche per gli strumenti di accompagnamento sistemico, come i sistemi di accumulo elettrochimico o la produzione di idrogeno verde a basse emissioni.

La nuova programmazione dedica particolare attenzione alla cybersicurezza, alla quale sono dedicati anche i bandi dedicati alle imprese. Perché a suo giudizio questo tema è così strategico? Più in generale, qual è l’impatto sulla rete di distribuzione energetica della transizione da un mix energetico composto quasi esclusivamente dai combustibili fossili ad un mix con una quota sempre crescente di energie rinnovabili?

Le infrastrutture energetiche sono esposte in maniera crescente a rischi di natura cyber. Ne abbiamo avuto conferma anche in Italia, quando di recente alcuni importanti soggetti del settore energetico sono stati oggetti di questo tipo di minacce. Più in generale, quello della cybersecurity è un tema di grande prospettiva anche a livello internazionale. È molto opportuno quindi che nel nuovo programma triennale della Ricerca di Sistema sia stato inserito un progetto integrato, che vede cioè all’opera tutti gli affidatari su questo tema. RSE ha il ruolo di coordinamento di questo progetto integrato, ed intende seguirlo in maniera particolarmente attenta. La ricerca sulla cybersecurity richiede l’integrazione di diverse competenze, da quelle energetiche a quelle relative ai sistemi di telecomunicazione ed all’informatica in generale; ma richiede anche il coinvolgimento delle imprese, perché solo confrontandoci con gli attori reali del sistema riusciremo a capire se i risultati della nostra ricerca avranno un reale impatto, e in quale misura, sulla protezione delle nostre infrastrutture critiche. Il tema coinvolge anche le infrastrutture della rete di distribuzione, perché con la crescente presenza di piccoli soggetti “prosumer”, che sono cioè al tempo stesso produttori e consumatori di energia, e più in generale di tutti i soggetti che sanno esprimere flessibilità nella domanda, è necessario coinvolgere su questo tema anche le reti di distribuzione elettrica, di distribuzione del gas, di teleriscaldamento: sono tutti soggetti attivi rispetto ai quali prendere opportune contromisure di difesa cyber è una esigenza sempre più sentita.

L’utente finale è sempre più al centro della transizione energetica. Qual è e quale sarà l’impatto degli stili di vita e delle abitudini di consumo sul passaggio dalle fonti fossili a quelle rinnovabili?

La transizione energetica e, più in generale, la transizione ecologica, prevedono un ruolo fondamentale per l’utente finale, che a nostro giudizio è al centro di questo processo. I comportamenti dell’utente finale sono destinati a cambiare e in parte stanno già cambiando: pensiamo per esempio al tema della mobilità sostenibile, al cambiamento dei tempi e delle modalità di percorrenza a seconda se per effettuare un viaggio usiamo un veicolo a combustione interna o un veicolo elettrico. Per quest’ultimo, la necessità di effettuare soste di ricarica impone una programmazione e in definitiva modifica le nostre abitudini di viaggio rispetto a come siamo stati abituati sino ad oggi. Venendo invece alla produzione elettrica, l’utente deve diventare sempre più attivo e il ruolo del “prosumer” sarà sempre più centrale. Occorre dunque consumare in maniera responsabile, gestire le proprie abitudini di consumo nella maniera più efficiente possibile ma anche, per le reti, venire sempre più incontro alle esigenze degli utenti: le attività che stiamo svolgendo in questo campo puntano appunto a studiare le possibilità operative che hanno gli utenti di modificare i propri comportamenti, e fornire servizi alle reti di trasmissione e distribuzione su cui molto abbiamo lavorato ma che trova sempre nuovi stimoli e nuovi punti di ricerca. Più recentemente stiamo indagando sulla possibilità che aderire ai mercati elettrici ed essere utili al sistema, ricavandone anche un vantaggio per sé, possa essere praticabile dall’utente non soltanto in forma singola, come consumatore o prosumer, ma anche in forma aggregata, per esempio tramite le comunità di energia rinnovabile.

Oltre alla sostenibilità ambientale delle fonti energetiche, oggi assume grande rilevanza anche la loro sostenibilità etica e sociale. Approvvigionarsi di energia o di materiali critici (es. rame, litio, manganese, terre rare etc.) da paesi che invadono altri paesi o che non rispettano i diritti dei lavoratori impiegati nelle estrazioni è sempre meno accettabile in un contesto come quello europeo nel quale la democrazia e i diritti umani sono centrali. In che modo la ricerca può favorire questa transizione?

Per completare la transizione ecologica in corso ci sarà bisogno di nuove tecnologie, che spesso utilizzano materiali non facilmente reperibili in Europa e ancora meno in Italia. Questo è un tema molto dibattuto: si rischia infatti di passare da una dipendenza, quella dai combustibili fossili, ad un’altra, quella dalle materie prime rare. Da questo punto di vista la ricerca può fare molto, lavorando principalmente su due fronti. Una prima strada è quella di lavorare su soluzioni tecnologiche che prevedano un ridotto utilizzo di materiali critici primari: per esempio nel campo dei sistemi di accumulo stiamo studiando nuove tecnologie che possano fornire prestazioni comunque adeguate, rinunciando alle prestazioni ottimali che ci verrebbero garantite dall’utilizzo di materiali critici di cui non disponiamo. La seconda strada è costituita dalla ricerca di fonti alternative e non convenzionali per il reperimento dei materiali critici: un esempio è quello delle linee geotermiche, che sono presenti in Italia e dalle quali possiamo reperire un materiale critico come il litio che è attualmente indispensabile per i sistemi di accumulo. Dobbiamo essere in grado di offrire al decisore politico un ampio ventaglio di opzioni, tra le quali venga considerata non soltanto la valutazione economica di una determinata soluzione tecnologica, ma anche indicatori di criticità che possano indirizzare verso la soluzione del problema, potenziando le filiere nazionali e aumentando la capacità dell’Europa di reagire agli stimoli tecnologici attraverso le soluzioni più opportune.

Come vede il futuro energetico dell’Italia tra 10, 20 e 30 anni? Pensa che il nucleare a fissione debba rientrare nel mix energetico? La fusione sarà veramente il “sacro Graal” della transizione energetica?

Il futuro del settore energetico italiano è senz’altro segnato da una forte presenza di energie rinnovabili, che però sappiamo essere aleatorie e difficilmente prevedibili, e quindi generano costi di sistema. La possibilità di disporre anche di fonti programmabili a basso costo e a basso impatto ambientale, come il nucleare, è certamente una prospettiva molto interessante su cui indagare. Con la tecnologia attuale, ovvero il nucleare di terza generazione, permangono alcuni problemi che ne hanno limitato la diffusione non solo in Italia ma anche a livello globale. Specialmente nelle ultime installazioni europee si stanno registrando infatti forti ritardi nei tempi e significativi incrementi dei costi di installazione, anche per potenziare i sistemi di sicurezza che si sono resi necessari dopo l’incidente di Fukushima. Se guardiamo invece al futuro ed al nucleare da fusione, è certamente una prospettiva su cui investire intensamente in termini di ricerca. Il 2050 è la data fissata per la piena neutralità carbonica: se per quella data fosse disponibile una tecnologia del tutto pulita come la fusione nucleare, sarebbe fondamentale poterla dispiegare anche in Italia. Sono quindi a mio giudizio pienamente giustificati gli ingenti investimenti in ricerca attualmente in corso sia nel nostro Paese che in Europa.