Marangoni, Althesys: ricerca e mercato, di pari passo per rilanciare rinnovabili

Innovazioni tecnologiche e strumenti di mercato devono viaggiare appaiati. Da una parte occorre continuare a investire in ricerca e innovazione per rendere sempre più convenienti i sistemi dismart energy come le reti intelligenti, dall’altra bisogna utilizzare le leve economiche che permettono di rendere immediatamente operative le possibilità già esistenti. È questa la ricetta che Alessandro Marangoni – Ceo di Althesys, la società di analisi specializzata in energia e ambiente – propone per rilanciare lo sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia allineandolo agli obiettivi al 2030.

Nell’aprile scorso lei ha curato la pubblicazione del Rapporto Annuale Irex “L’evoluzione del mercato elettrico tra nuovi modelli di business e policy nazionali”. È uno studio che contiene dati incoraggianti.
“Sì – spiega Marangoni – gli investimenti italiani nelle rinnovabili nel 2017 sono arrivati a 13,5 miliardi di euro, per una potenza di 13,4 GW, contro i 6,8 GW del 2016. La crescita è sorprendente, con un aumento del valore dell’87,5%”.

Tutto bene dunque?
“Non esattamente. Se guardiamo al decennio 2008-2017 vediamo che l’anno più attivo in questo settore è stato il 2011, con 223 operazioni di investimento, il meno vivace il 2016 con 122 operazioni. Il cambio di tendenza è arrivato nel 2013, quando la crescita degli investimenti italiani fuori dall’Italia ha sorpassato, per numero di operazioni, quella interna. A fronte di un dato incoraggiante per il 2017 abbiamo dunque un trend decennale che suscita qualche preoccupazione”.

Se questo trend venisse confermato non riusciremmo a rispettare gli impegni assunti alla conferenza di Parigi del 2015 sul taglio delle emissioni serra.
“E infatti è questo l’aspetto critico. Ora però abbiamo qualche motivo di ottimismo in più: la nuova Strategia energetica nazionale e il segnale di ripresa degli investimenti nel 2017 fanno sperare in un’accelerazione dei processi virtuosi”.

Come si può incoraggiarla?
“Partiamo dall’analisi dei fatti e dalla necessità di raggiungere gli obiettivi europei al 2030. Se è vero che l’innovazione tecnologica ha prodotto un formidabile calo dei costi di alcune fonti rinnovabili strategiche come il fotovoltaico e l’eolico, è anche vero che la stagione degli incentivi si è conclusa. Si dovranno quindi fare nuovi investimenti capital intensive a fronte di prezzi bassi. Questa è la difficoltà: tornare ad accelerare spendendo poco”.

Come superarla?
“Attraverso vari strumenti. Il primo è uno spostamento dell’attenzione dalla pura produzione di energia da fonti rinnovabili agli interventi sull’intero sistema energetico nella sua forma avanzata. Vuol dire parlare di reti intelligenti, di gestione della domanda, di accumuli. E bisogna anche pensare a misure che permettano di mantenere in efficienza il parco impianti esistente, eolico, idroelettrico e anche fotovoltaico. Inoltre, non dimentichiamo che gli impianti termoelettrici stanno invecchiando e non potremo farne a meno in tempi brevi”.

La piena competitività di eolico e fotovoltaico si sta comunque avvicinando, soprattutto in alcune aree del mondo.
“Anche in Italia si sono affacciati, ad esempio a Montalto di Castro, i primi impianti in market parity, cioè senza incentivi. Per incoraggiare questa tendenza bisogna mettere a punto gli strumenti adatti, ad esempio le aste e i contratti di lungo periodo. Sono strumenti, già sperimentati in Paesi come la Francia e la Germania, che servono a dare certezze nel lungo termine a chi investe in tecnologie come fotovoltaico ed eolico. Il sistema funziona assicurando un prezzo minimo per un lungo periodo. Se il prezzo di mercato è pari o superiore a quel prezzo minimo non ci sono incentivi, il meccanismo ha costo zero. Se invece il prezzo scende al di sotto del valore aggiudicato, scatta un’integrazione per coprire la differenza. In questo modo il costo degli incentivi è basso o addirittura nullo. Ma la certezza di poter programmare investimenti sul lungo periodo rende gli impianti bancabili”.

In realtà le incertezze legate agli alti e bassi dei prezzi del combustibile sono tipiche degli impianti basati sui fossili.
“Non c’è dubbio: le oscillazioni del valore del greggio e del gas, come tutti sanno, possono essere altissime. Basta una guerra o anche una forte instabilità politica di aree chiave per far schizzare in alto i prezzi. Inoltre nelle centrali basate sui fossili più o meno metà del costo di produzione è legato alla costruzione dell’impianto, metà ai combustibili. Invece in un impianto a fonti rinnovabili il combustibile è gratuito, tuttavia i prezzi sono legati all’andamentodi mercato del chilowattora elettrico e dunque sono influenzati dalle oscillazioni dei combustibili fossili: naturalmente resta il vantaggio dell’autonomia energetica garantita da una fonte locale e statisticamente sicura come il sole o il vento”.

Che ruolo ha nel futuro delle rinnovabili la ricerca legata alle smart grid e alla progressiva digitalizzazione del sistema elettrico?
“Sono senz’altro fattori di grande impatto – conclude Marangoni – Sulla spinta dello sviluppo di soluzioni Internet of Things, ci saranno cambiamenti che investiranno le modalità di scambio, trasporto e consumo dell’energia. Le utility potranno ottimizzare la gestione complessiva, implementare modelli di business diversi e offrire nuovi servizi. Anche gli stessi consumatori potranno avere un ruolo più attivo nel sistema, evolvendo verso schemi di prosumer e comunità energetiche”.