Materiali organici per l’energia: facciamo chiarezza

Quando si parla di materiali organici bisogna procedere con attenzione. Nel senso comune, un materiale organico è un materiale biodegradabile, ma si tratta di una semplificazione imprecisa. In chimica, invece, per materiali organici si intendono tutti i materiali con una struttura a base di carbonio, quindi anche quelli non di origine naturale. Entrambi, sia i materiali di origine naturale sia i materiali organici in senso tecnico, possono trovare applicazioni in ambito elettrico ed energetico con possibili e diversi benefici che vanno dall’abbattimento dei costi alla versatilità degli utilizzi sino, in alcuni casi, al minor impatto ambientale e a più semplici procedure di smaltimento.

Nel campo della ricerca più attuale, non si può non citare i biocombustibili di seconda generazione come quelli prodotti da micro alghe: una soluzione ottimale per superare i problemi, anche di carattere etico, che comportano i biocombustibili tradizionali, utilizzando una biomassa che non toglie terreno all’agricoltura. La sfida, in questa e come vedremo anche in alte sperimentazioni, è sempre l’efficienza: il minor utilizzo possibile di energia e il minor costo nel processo di conversione da biomassa a bio-olio.

Un tipo di applicazione diversa, ma che si concretizza sempre nella sperimentazione con materiali di origine naturale, vede molteplici progetti di ricerca svilupparsi già dagli anni 2000 proprio nel nostro Paese. Ci riferiamo agli studi sulla possibilità di sostituire il silicio nei pannelli fotovoltaici, utilizzando come materiale fotosensibile l’antocianina, un pigmento estratto da alcuni frutti come mirtilli e arance o dalle melanzane. Di recente, si registra l’interesse dell’India per una sperimentazione che utilizzi i “frutti di Dio”, una bacca violacea molto diffusa in Asia meridionale. L’abbattimento dei costi di produzione delle celle che si delinea sarebbe un volano determinante per lo sviluppo del solare nel gigante asiatico. Anche in questo caso, come per le sperimentazioni italiane, resta da superare l’ostacolo dell’efficienza. Per ora comunque il fotovoltaico organico a coloranti vegetali sviluppato in India ha una resa molto bassa, appena lo 0,5%: la strada da fare è ancora molto lunga.

Restringendo il campo, un discorso diverso può essere fatto per i cosiddetti materiali ibridi come le perovskiti organiche-inorganiche, caratterizzate da una struttura che combina minerali chimicamente sintetici e materiali organici. In questo caso, sono stati già raggiunti risultati molto promettenti, con rese che arrivano al 22%.

Sviluppi interessanti infine potrebbero arrivare dagli OLED. Nell’elettronica, gli Organic Light Emitting DIode (diodo organico a emissione di luce) hanno trovato ormai larga applicazione nella realizzazione di display per cellulari e televisioni. Tuttavia le potenzialità di questa tecnologia (estrema flessibilità, leggerezza e alta efficienza) ne hanno fatto ipotizzare l’utilizzo anche nel fotovoltaico. La differenza sta nel fatto che mentre nell’elettronica di consumo gli OLED assorbono elettricità ed emettono luce, nel fotovoltaico il processo viene invertito. Anche in questo caso però il problema rimane l’efficienza.