Mission Innovation: Italia al lavoro su smart grid, idrogeno, materiali

Intervista a Giorgio Graditi responsabile dell’Accordo di Programma tra Mite ed Enea per l’attuazione di Mission Innovation

MISSION INNOVATION: NUOVA FASE PER IL PROGRAMMA INTERNAZIONALE SULLE CLEAN TECH PER L’ENERGIA

A fine maggio si è tenuta, in modalità virtuale, la riunione ministeriale di Mission Innovation, l’iniziativa di cooperazione multilaterale globale nata a Parigi nel 2015 il cui scopo primario è accelerare i processi di innovazione delle tecnologie clean, sia in ambito pubblico che privato. I Paesi aderenti hanno preso l’impegno di raddoppiare la quota pubblica degli investimenti dedicati alle attività di ricerca, sviluppo e innovazione delle clean tech al fine di rendere l’energia pulita accessibile ai consumatori e di creare posti di lavoro verdi e opportunità commerciali.

Nella cornice della riunione ministeriale a cui ha preso parte il ministro Roberto Cingolani è stata lanciata ufficialmente la nuova fase denominata Mission Innovation 2.0. Novità di rilievo è costituita dalla creazione di sei nuove Mission che andranno a sostituire le otto Innovation Challenges, attraverso fusioni e integrazioni delle aree tematiche di ricerca. Nel corso della riunione ministeriale sono state lanciate le prime 3 Mission: Power, Clean Hydrogen, Shipping. L’Italia è co-leader insieme a Cina e UK della Mission Power in cui sono confluite le attività delle smart grids e l’intero settore delle rinnovabili e degli accumuli ed è alla guida per i prossimi tre anni del programma delle attività che riguardano questo progetto. L’Italia ha inoltre aderito alla Clean Hydrogen Mission, considerato il ruolo e l’importanza dell’idrogeno e l’impegno del Paese nel settore.

ACCORDO DI PROGRAMMA ENEA-MITE

“Per dare attuazione all’iniziativa Mission Innovation – ci spiega l’ingegner Giorgio Graditi, responsabile dell’Accordo di Programma sottoscritto tra ministero della Transizione ecologica (Mite) e Enea, direttore del dipartimento Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili dell’Enea e rappresentante dell’Enea all’interno della European Clean Hydrogen Alliance – il Mite ha deciso di avvalersi, per la cifra di 35,8 milioni euro su base triennale, dell’Enea per lo sviluppo, l’implementazione e l’attuazione di attività di ricerca connesse agli impegni assunti nell’ambito di MI, anche in coordinamento con altri enti di ricerca (cobeneficiari). Le tre progettualità individuate riguardano le smart grid, l’idrogeno e i materiali avanzati per l’energia. L’Enea presenterà una dettagliata proposta di Piano Operativo delle Attività (POA), comprensiva delle linee di ricerca da svolgere nell’arco di tre anni, in collaborazione con i cobeneficiari Cnr, Rse e Istituto Italiano di Tecnologia”.

“Le smart grid sono soluzioni tecnologiche abilitanti determinanti per la transizione energetica. Queste infrastrutture permettono non solo di trasportare e distribuire energia, ma anche di gestirla per erogare servizi ancillari a supporto della rete. Preservano l’affidabilità e la resilienza del sistema anche in presenza di quote di generazione distribuita da rinnovabili crescenti, pilastro essenziale della decarbonizzazione”, precisa Graditi.

LA SPERIMENTAZIONE SULLE SMART GRID

Nel centro ricerche Enea di Portici, che può contare anche su una microrete avanzata e dove sono presenti strumentazioni di emulazione, impianti e infrastrutture che permettono di mettere in atto soluzioni replicabili in scenari reali, “si svolgono ricerche e sperimentazioni su diverse tematiche in materia di reti intelligenti al fine di rispondere alle esigenze industriali, contribuendo al contempo a rafforzare il rapporto tra ricerca e filiera industriale. L’obiettivo che si pone Enea è sviluppare, implementare e sperimentare modelli concettuali avanzati di funzionamento di sistemi energetici distribuiti multi-vettore (termico-elettrico) in un’ottica smart grid ed in un ambiente reale e rappresentativo (TRL 7-8)”.

La sperimentazione fisica di questi modelli su più microreti, interconnesse virtualmente ed integrate attraverso simulazioni numeriche in tempo reale delle porzioni di sistema non rappresentate fisicamente, consentirà di sperimentare – continua Graditi – situazioni operative oggi soltanto in minima parte realizzabili in ambiente reale, per limitazioni di costo, normative tecniche non ancora adeguate e quadro regolatorio in evoluzione. Rse realizzerà l’estensione e l’upgrade della Test facility Distributed Energy Resources presso i centri di Milano e Piacenza.

17,5 MILIONI SULLA RICERCA PER L’IDROGENO

Per quanto riguarda la progettualità dell’idrogeno, un settore che Enea presidia da oltre 30 anni, “l’impegno finanziario è notevole, 17,5 milioni di euro, di cui 3,7 andranno all’upgrade dell’impianto di produzione, compressione e distribuzione di idrogeno completamente autonomo in quanto alimentato da fonti rinnovabili del Cnr-Itae a Capo d’Orlando in Sicilia”. E 13,8 milioni andranno a finanziare il primo incubatore tecnologico italiano per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno che sorgerà al centro Enea della Casaccia. Il progetto Hydrogen demo valley “servirà a realizzare il primo dimostratore di taglia rilevante per la reale fattibilità di un’economia green basata sull’idrogeno. Si tratta di una piattaforma polifunzionale, un incubatore di tecnologie ed erogatore di servizi – aggiunge Graditi – in cui ci occuperemo di idrogeno a 360 gradi, per mettere a disposizione infrastrutture hi-tech per colmare il gap fra scala di laboratorio e scala industriale, offrendo tecnologie e servizi esportabili in ambito industriale”.

Tra gli obiettivi dell’Hydrogen demo valley, oltre “all’erogazione di servizi innovativi”, c’è la sperimentazione di nuove tecnologie per la produzione di idrogeno quali “l’utilizzo dei rifiuti, le cosiddette biomasse residuali e l’impiego del calore rinnovabile a media-alta temperatura prodotto da impianti solari a concentrazione”. Inoltre “verranno messe a punto miscele idrogeno-metano da immettere nella rete interna di distribuzione del gas e sarà realizzato un idrogenodotto locale per il trasporto di idrogeno puro in pressione, da utilizzare in modo capillare a seconda della domanda delle utenze. Saranno asservite alle pipeline diverse utenze quali: caldaie, microturbina, celle a combustibile, etc. Prevista anche la costruzione di una stazione di rifornimento per veicoli a idrogeno privati e commerciali per mobilità di persone e merci”.

Nell’Hydrogen demo valley, si studierà anche il power-to-gas, processo che, “attraverso l’elettrolisi, consente di produrre idrogeno dall’energia elettrica generata da fonti rinnovabili”. L’idrogeno così prodotto “può essere convertito in metano, o essere immesso nella rete interna del gas naturale. In questo modo è possibile accumulare l’energia prodotta da fonte rinnovabile, svolgere una funzione di stabilizzazione della rete elettrica e agire come elemento di congiunzione con la rete gas, in previsione del forte incremento di produzione da rinnovabili”. Inoltre, aggiunge Graditi “sarà svolta un’intensa attività di studio, analisi e confronto in ambito normativo e regolatorio per affrontare in modo sistematico e strutturato gli aspetti di sicurezza, di standardizzazione delle procedure autorizzative ed il tema dell’accettazione pubblica dell’idrogeno”.

LA PIATTAFORMA IEMAP PER I MATERIALI AVANZATI

Per la terza progettualità dell’accordo con il Mite, “dovremo sviluppare una piattaforma IEMAP (Italian Energy Materials Acceleration Platform), una infrastruttura computazionale per la selezione e progettazione di nuovi materiali con diversi approcci e condizioni operative e per l’integrazione di tecnologie esistenti e nuovi materiali – dalle batterie agli elettrolizzatori, al fotovoltaico – in modo da offrire soluzioni esportabili in ambito industriale”.

Graditi spiega che per le batterie si lavorerà sui materiali catodici, sintesi di elettroliti e preparazione di elettrodi, nuove chimiche, recupero e riciclo dei materiali utilizzati. Con riferimento agli elettrolizzatori per la produzione di idrogeno verde si studieranno materiali per elettrolizzatori alcalini, polimerici e rigenerativi, e ad alta temperatura. Per le attività sulle celle solari, sia a film sottile di perovskite che basate su materiali III-V, si studieranno materiali e processi partendo da TRL 3 per ottenere un TRL 4-5 (Technology Readiness Level) su una scala di valori da 1 a 9, dove 1 definisce i principi fondamentali e 9 un sistema provato in ambiente operativo. Fondamentale per queste attività rimane la dotazione di calcolatori High Performance Computing (HPC), sistemi di elaborazione in grado di fornire prestazioni molto elevate, come per esempio quello in funzione presso il Centro ricerche Enea di Portici, un sistema di supercalcolo che si colloca ai primissimi posti nel panorama nazionale della ricerca e che sarà il motore della piattaforma”.