Reti più resilienti con i nuovi materiali per il coating

Rse al lavoro sullo sviluppo del coating per isolatori e conduttori di alta tensione utilizzati nella rete di trasmissione

Per i non esperti suona come un paradosso, ma l’adattamento al cambiamento climatico che sta facendo salire la temperatura del pianeta passa anche attraverso la ricerca di materiali capaci di resistere a inusuali picchi di freddo. Si tratta di episodi rari, derivanti dallo sbilanciamento del sistema climatico, ma dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche per alcune infrastrutture tra cui la rete elettrica. Che dimensioni ha questo rischio e come affrontarlo? Lo abbiamo chiesto a Federico Cernuschi, responsabile del Gruppo di Ricerca Materiali per l’energia di Rse e a Cristina Chemelli, ricercatrice impegnata in prima persona nello sviluppo del coating per isolatori e conduttori di alta tensione utilizzati nella rete di trasmissione.

MATERIALI PER RETI RESILIENTI

“È un problema che si è già manifestato in varie occasioni. Dal blackout del dicembre 2013 a Cortina d’Ampezzo fino a quello avvenuto nel 2017 in Abruzzo in concomitanza con il dramma dell’albergo di Rigopiano sepolto da una valanga di neve”, ricordano Cernuschi e Chemelli. “In pratica si formano dei manicotti di neve umida, e qualche volta di ghiaccio, sui cavi delle reti elettriche. Questi cavi vengono così sottoposti a un peso di 10-40 chili al metro su campate che arrivano a 400-600 metri: un sovraccarico che può portare alla rottura dei cavi e delle funi di guardia, qualche volta anche al crollo dei tralicci. Si tratta di un problema serio perché può provocare danni consistenti al sistema della trasmissione dell’energia e anche dei dati perché le funi di guardia, che sono dei cavi sottili posti sulle cime dei tralicci con funzione di protezione dai fulmini, possono ospitare la fibra ottica attraverso cui passano grandi quantità di informazioni”.

Il problema non è ovviamente solo italiano: avviene in tutti i luoghi in cui si verificano fenomeni meteo caratterizzati dalla caduta di quantità significative di neve umida, quella che tende ad attaccarsi ai cavi formando una massa importante. E al momento una soluzione facilmente applicabile non è ancora stata trovata. Per questo in tutto il mondo si studiano materiali in grado di prevenire il problema.

LEGHE METALLICHE PER IL COATING

“Si sono elaborate diverse strategie, dalle microonde ai sistemi meccanici”, continuano Cernuschi e Chemelli. “Una di quelle che appaiono più efficaci è il cosiddetto coating, cioè il rivestimento della superficie dei cavi con materiali studiato in modo da ridurre la possibilità che si formino i manicotti di neve umida, cioè che la neve si distacchi prima che diventi troppo pesante. Dunque si tratta di trovare la migliore superficie idrofofobica per conduttori e funi di guardia realizzati rispettivamente con leghe di alluminio e acciaio rivestito di zinco”.

Un settore che ha ispirato queste ricerche è quello del trattamento delle ali degli aerei per prevenire la formazione di uno strato di ghiaccio che possa mettere a rischio la stabilità del volo. Il problema è simile a quello delle reti di trasmissione elettrica ma con differenze significative: da una parte ci sono superfici ridotte da trattare con il coating per tempi brevi (la durata del volo) e le vite dei passeggeri direttamente in gioco; dall’altra migliaia di chilometri di strutture a rischio che devono essere mantenute in sicurezza per tempi lunghi con un rischio che per fortuna, pur creando forti disagi e danni, raramente mette a repentaglio vite umane. Nel caso degli elettrodotti, inoltre, la neve che crea problemi ha caratteristiche specifiche: è umida, appiccicosa come quella con cui si fanno le palle di neve, non secca e asciutta come quella su cui è piacevole sciare.

FILM SOTTILI: LEGGERI E RESISTENTI

“Serve un prodotto che duri anni e che, possibilmente, sia applicabile già in fase di trafilatura in fabbrica perché in molti casi raggiungere i tralicci nelle aree di montagna in cui il rischio si manifesta è difficile e costoso”, continuano gli esperti Rse. “Per questo studiamo film sottili che possono avere due strutture. La prima è quella chiamata a foglia di loto, mutuata dalla natura. Si tratta di una struttura a più dimensioni: c’è una scala micro, una scala nanometrica, una scala molecolare. Possiamo immaginarla come un’altura microscopica, delle dimensioni di due milionesimi di metro, su cui cresce un’erba. E su questa erba si deposita un composto chimico con proprietà idrorepellenti. L’alternativa è ricoprire i filamenti con microscopiche spugne che vengono imbevute di prodotti liquidi che favoriscono il distacco del ghiaccio. Un altro materiale studiato è il teflon, che ha anch’esso proprietà idrofobiche”.

LA SPERIMENTAZIONE SULLE ALPI

I test per misurare le prestazioni dei materiali analizzati vengono svolti in una rete di stazioni sperimentali Rse nelle Alpi. Si cerca di avvicinarsi il più possibile alle situazioni critiche (con temperature appena superiori a zero gradi) e si monitora con telecamere il comportamento dei campioni da valutare. La ricerca sul coating è considerata particolarmente importante perché, secondo le previsioni dei climatologi, gli eventi anomali come quello avvenuto in Abruzzo nel 2017 (con violente nevicate su colline vicino al mare) sono destinati a ripetersi. Al fine di valutare con continuità le prestazioni di questi materiali, e non solamente in occasione delle nevicate con le caratteristiche opportune, Rse ha valutato la fattibilità di un sistema per la produzione di neve indoor che realizzerà nei prossimi anni.