Ricerca: l’energia del Mediterraneo

“Il Mediterraneo è un mare chiuso, c’è circa un terzo di energia in meno di quella che possiamo trovare nell’oceano Atlantico, ma questa iniziale limitazione per noi si è trasformata in un vantaggio: ci ha portato ad avere più idee, a creare strumenti più intelligenti”. Nelle parole dell’oceanografo Gianmaria Sannino, coordinatore ENEA delle ricerche sull’energia dal mare, traspare la soddisfazione per il lavoro svolto e l’orgoglio per il mare nostrum che forse non sarà più il centro del mondo, lo stagno intorno al quale viviamo tutti come rane, come diceva Socrate, ma mantiene immutata la sua importanza anche dal punto di vista della capacità di ricerca.
“I risultati sono tangibili” – prosegue Sannino – “nel 2011 Enea aveva organizzato per conto del Ministero dello Sviluppo Economico, attraverso l’accordo di programma sulla Ricerca di Sistema, Elettrico il primo Workshop Nazionale sull’Energia dal Mare e tre anni fa si parlava ancora di prospettive future. A luglio scorso c’è stato il secondo appuntamento e abbiamo visto prototipi in costruzione o già testati: ci sono aziende italiane che iniziano a vendere le macchine”.

Come nasce il progetto Enea?
“Dall’esigenza di capire quali sono le reali possibilità di estrarre energia dal mare in Italia e nel Mediterraneo in generale. E’ un tema di cui si parla da diversi anni, ma non si è ancora arrivati a una maturità tecnologica sufficiente. Tra l’altro questa energia può essere sfruttata come semplice forza motrice o utilizzando il suo potenziale salino e termico. Possiamo quindi distinguere sei fonti diverse: la differenza di salinità, quella di temperatura, le maree , le correnti marine, le onde e le correnti di marea. Nessuna di queste è distribuita in maniera uniforme sulla Terra, quindi a seconda di dove ci troviamo avremo a disposizione una sorgente piuttosto che un’altra, con una quantità di energia variabile. Se ci vogliamo limitare al bacino del Mediterraneo e in particolare all’Italia, le sorgenti si riducono sostanzialmente a tre: l’energia dalle onde, le correnti di marea che possiamo sfruttare nello stretto di Messina, la differenza di salinità. Tralasciando la differenza di salinità che è meno sviluppata delle altre, le vere possibilità nel nostro Paese restano l’energia dalle onde e le correnti di marea, molto più regolari dell’energia delle onde perché dipendono dall’attrazione gravitazionale della luna e del sole. E siccome i moti astronomici sono prevedibili lo sono anche le maree”.

Quindi per quanto riguarda le correnti di marea la “Mecca” italiana è lo Stretto di Messina?
“Sì, senza alcun dubbio è l’unico posto in Italia per sviluppare questa tecnologia. All’Enea siamo riusciti a determinare quanta energia si può ricavare dallo Stretto di Messina immaginando di applicare una serie di dispositivi di conversione studiati e progettati in Italia dal Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale diretto dal professor Domenico Coiro dell’Università Federico II di Napoli. Con circa quaranta dispositivi disposti lungo la costa calabrese e siciliana si può ricavare più o meno un gigawatt in un anno, quindi una quantità piuttosto interessante”.

E per quanto riguarda la possibilità di sfruttamento delle onde?
“Qui l’energia è legata all’altezza delle onde e al periodo delle onde e dell’anno. Nel caso dei Paesi che si affacciano sulla costa atlantica europea l’energia non è tutta catturabile perché quando ci sono le tempeste è talmente intensa da diventare distruttiva. Il Mediterraneo invece è un mare chiuso e le onde non raggiungono le dimensioni dell’oceano, ma l’energia disponibile è catturabile senza problema purché si disponga di strumenti creati ad hoc: quelli immaginati per gli oceani non funzionerebbero. Come accade per un violino, questi dispositivi vanno accordati: uno strumento calibrato sui mari del nord non può essere trasportato sul Mediterraneo che ha onde molto più basse e molto più corte”.

L’Italia è un buon posto per lavorare sull’energia dalle onde?
“Diciamo pure che in questo ambito l’unico Paese investito da una quantità di energia interessante è proprio l’Italia. Il motivo è semplice: le onde sono generate dal vento, il vento importante arriva in autunno e in inverno da ovest e nord/ovest e la prima parte di costa che viene investita è quella occidentale della Sardegna, poi a ricaduta il canale di Sicilia. Per la verità ne avrebbe tanta anche la Spagna con le Baleari, ma avendo un’ampia costa atlantica rivolge lì i propri sforzi. Quindi rimane solo l’Italia e a noi spetta il compito di ripensare questi dispositivi per il Mediterraneo: un compito gravoso per la penuria di studi specifici”.

Come avete agito per cercare di colmare questo gap?
“Enea, in collaborazione con il Politecnico di Torino e l’Università di Reggio Calabria, sta cominciando a pensare a strumenti facilmente ricollocabili in ogni tipo di mare, comodamente installabili e resistenti nel tempo. Da qui nasce l’idea del Politecnico di Torino che ha creato una zattera che ha al suo interno un giroscopio con il quale può accordare questo dispositivo – con una serie di accorgimenti tecnici, meccanici ed elettronici – a tipologie completamente diverse. Questo è un vantaggio incredibile perché posso costruire una zattera e poi spostarla ovunque, da un mare chiuso fino all’oceano, senza problemi. Sempre con il Politecnico, Enea sta portando avanti una versione light, più economica, con un semplice pendolo che oscilla al posto del giroscopio. Il progetto con il giroscopio verrà installato a Pantelleria nella versione uno a uno, quindi siamo già in una fase successiva a quella del prototipo”.

Qual è il potenziale energetico delle onde?
“Ci siamo accorti che le mappe del Mediterraneo erano piuttosto approssimative, quindi abbiamo creato nuove mappe con un dettaglio di risoluzione spaziale intorno ai 7 km; ora ne stiamo stilando un’altra che ha un dettaglio spaziale di tutto il Mediterraneo sui 3.5 km. Per dieci luoghi dei mari italiani, ad esempio alcune isole siciliane e la Sardegna, siamo arrivati a un livello di dettaglio di 800 metri. Per la prima volta si può così conoscere dove è atteso il picco dell’energia di un evento estremo e come catturare l’energia distribuita nel corso di un intero anno. Abbiamo creato anche un sistema di previsione dello stato del mare: a differenza dell’Aeronautica che fornisce indicazioni solo sull’altezza delle onde e sulla loro direzione noi siamo gli unici in Italia a disporre di dati in tempo reale sull’energia. Ora la sfida è guardare verso il clima futuro”.

State lavorando ad altri dispositivi?
“La settimana scorsa abbiamo installato a Reggio Calabria un piccolo prototipo di diga portuale capace di generare energia. È di nuova concezione perché la diga è a geometria variabile e permette di studiare il miglior assetto per catturare l’energia. Ora bisogna dimostrare che questi strumenti sono in grado di funzionare: come Enea cerchiamo di fare massa critica con i centri di ricerca e le Università che sono più avanti degli altri. I soldi sono preziosi  perciò abbiamo individuato le due tecnologie più avanzate e promettenti e su quelle stiamo investendo tutte le nostre energie”.

A cura di Marco D’Amato